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Il maestro di strada: «Questo non è solo uno scudetto, è una speranza»

Cesare Moreno, da 20 anni si occupa dei ragazzi difficili della periferia est di Napoli. «Festeggiare una squadra che dopo 33 anni vince è un rito di passaggio, molto simbolico, di cui i giovani hanno bisogno più che mai»

di Anna Spena

«Alcuni sostengono così: o va bene Napoli o va bene “il Napoli”, la squadra calcistica. Tutte e due – insieme – non ce la fanno ad andare di pari passo. E invece, questa volta, “chi sostiene” è stato smentito». Le parole sono di Cesare Moreno, presidente dell'associazione Maestri di Strada, che lavora nei quartieri di Barra, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Sì perché, dopo 33 anni, il Napoli conquista il terzo scudetto.

«"Il Napoli", la squadra, vince e la città, chiede e vuile riscatto. Sembra in ripresa, certo una ripresa che va sempre intesa rispetto alla conduzione di partenza che rosea non lo è mai stata», dice Moreno. «Ci sono due onde che attraversano i napoletani. Una grande, che si è compiuta, il terzo scudetto e un’altra più piccola, che deve crescere, ma esiste già: una città che ce la vuole fare».

Napoli può davvero festeggiare? «Sì può, si deve», continua Moreno. «Lo scudetto al Napoli non è solo uno scudetto: è una speranza e un rito di passaggio». Perché di passaggio? «La grande questione di oggi, questione che coinvolge soprattutto i giovani, è la totale assenza dei riti di passaggio. Ne hanno bisogno anche gli adulti, ma ai ragazzi servono di più. Facciamo un esempio: prima alla scuola elementare, ogni anno si cambiava il fiocco. O ancora la comunione, la feste dei 18 anni. Il passaggio da una scuola all’altra. Queste cose oggi sono scomparse, il valore simbolico di questi momenti o non esiste o si è svuotato. Festeggiare una squadra che dopo 33 anni ha vinto lo scudetto è un rito di passaggio. E i festeggiamenti più grandi, più forti, più sentiti ci sono tra le fasce più in difficoltà della popolazione. Una volta si diceva “tra i disgraziati”. E sono loro quelli che hanno più bisogno di speranza, sono loro – più degli altri – che fanno di questo scudetto non solo un simbolo calcistico».

Perché? «Sono loro i diseredati, i non visti, che oggi – grazie a questo scudetto qua – si sono rimessi al centro». Moreno a Ponticelli frequenta sempre lo sempre lo stesso bar: «Il barista stamattina mi ha detto: “Qua non è solo una questione di scudetto. Qua siamo troppo belli noi napoletani”. Ecco in queste parole qua c’è il senso, un senso che ovviamente sorpassa la fede calcistica. Questa è una comunità intera che partecipa, dislocata in ogni parte d’Italia e del mondo, ma compatta. E in una comunità che si unisce e si riscatta si riaccende la speranza».

Credit foto pagina Facebook SSC Napoli


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