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Mulu: «Dopo il tracoma sono tornata a fare la mamma»

Il tracoma è una malattia batterica che causa la cecità: colpisce 1,9 milioni di persone al mondo. «Sentivo sabbia negli occhi, un dolore che mi impediva di lavorare nei campi e prendermi cura della mia famiglia. Mio figlio è stato costretto a lasciare la scuola per aiutarmi», racconta Mulu, 50 anni, dall'Etiopia. L'impegno di Cbm Italia per contrastare questa malattia

di Sara De Carli

Mulu ha 50 anni, è mamma di Meseret e Ayele ed è già nonna di Yabsera, 3 anni. Vive a Wolkite, nel sud dell’Etiopia: tutta la famiglia coltiva caffè ed enset, le “false banane”. Un anno fa Mulu comincia a sentire della sabbia dentro agli occhi e un grande dolore, tanto che a un certo punto non riesce più a gestire la casa né a lavorare nei campi. Quella che all’inizio sembrava una banale congiuntivite, in realtà è tracoma, una malattia infettiva di origine batterica che è fra le prime cause di cecità al mondo. Colpisce 1,9 milioni di persone e fa parte delle Malattie Tropicali Dimenticate (NTD). «Dato che mio marito è anziano, mio figlio è stato costretto a lasciare la scuola per aiutarmi. I miei vicini mi accompagnavano al mercato, perché da sola non riuscivo più a muovermi», racconta Mulu.

Un giorno però Mereset, la figlia, scopre che all’ospedale Grarbet Tehadiso Mahber, a 100 km da casa loro, c’è la possibilità di sottoporsi ad una visita gratuita. Il centro oculistico si trova a Butajira ed è partner di Cbm Italia Onlus. È qui che Mulu scopre di essere affetta da tracoma e che deve sottoporsi a un intervento. Non ha alcun dubbio: «Grazie, lo voglio fare, sono certa che un eventuale dolore post operatorio non sarà mai come quello a cui sono costretta ora ogni giorno», dice. L’intervento dura 40 minuti e appena 20 minuti dopo essere uscita dalla sala operatoria, quel giorno, Mulu toglie i bendaggi. Un’ora appena per cambiare vita. «Tutti quelli che incontrerò con questo problema, li manderò di certo qui a curarsi», afferma la donna. Mulu dopo pochi giorni è tornata a casa, a fare la mamma e la nonna come prima del tracoma, occupandosi di nuovo di tutta la famiglia.

La storia di Mulu è una delle tante che Cbm Italia – organizzazione umanitaria impegnata nella prevenzione e cura delle disabilità visive nei Paesi del Sud del mondo – ha raccolto in Etiopia. Cbm Italia lavora sul tracoma in due paesi, l’Etiopia e il Sud Sudan. Lo fa seguendo la strategia SAFE raccomandata dall’Oms dal 1993: un acronimo in cui ogni lettera è l’iniziale di una parola. S sta per Surgery, ovvero quella chirurgia necessaria per trattare lo stadio avanzato del tracoma; A sta per Antibiotics, perché gli antibiotici servono per eliminare l’infezione; F per Facial cleanliness, cioè pulizia e igiene del viso; E per Enrironmental improvement, ovvero miglioramento dell’ambiente di vira, con accesso all’acqua e ai servizi igienici. In Etiopia, nella Regione di Amhara nel Nord del Paese e nella Regione delle Nazioni, Nazionalità e Popoli, a Sud, Cbm Italia sta portando avanti tre progetti che coinvolgono complessivamente 260mila persone, che possono beneficiare della distribuzione di antibiotici, dell’accesso all’acqua pulita grazie alla costruzione di pozzi e sistemi idrici, di momenti di formazione dedicati all’igiene. Entro il 2025 oltre 5.600 persone potranno inoltre essere operate di trichiasi, ovvero quella deviazione delle ciglia che è conseguenza del tracoma: andando a sfregare contro il bulbo oculare, le ciglia provocano opacità irreversibili e cecità.


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