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Welfare sociale e culturale per rigenerare i luoghi

Da ieri nel sito minerario dismesso dell'Argentiera, a pochi chilometri da Alghero, è in corso la terza assemblea nazionale della rete "Lo stato dei luoghi". Un confronto con istituzioni, progettisti, cittadini e soci dell'associazioni arrivati da tutta l'Italia, per discutere delle enormi potenzialità del nostro Paese

di Luigi Alfonso

Prosegue nel sito minerario dell’Argentiera, a pochi chilometri da Alghero ma nel territorio di Sassari, la terza assemblea nazionale della rete “Lo stato dei luoghi”, ospitata dal Comune e dall’associazione Landworks con il patrocinio della Fondazione di Sardegna. Da ieri, e sino a domenica 14 maggio, si terranno dibattiti, tavole rotonde ed esperienze condivise, con visite agli spazi e due workshop. Saranno chiamate a intervenire figure di spicco della rigenerazione urbana e territoriale a base culturale: professionisti, ricercatori, rappresentanti di spazi rigenerati e di amministrazioni. Questa mattina è in corso un confronto con le istituzioni isolane e nazionali sul tema dell’accesso e della gestione di fondi e bandi per la rigenerazione a base culturale. Di pomeriggio interverranno invece Marie Moise, Vittorio Pelligra e Claudio Atzori.

«Come rete, nasciamo per lavorare e innovare le pratiche culturali e artistiche di welfare e anche su una certa idea di luogo, a partire dai processi di rigenerazione», ha detto Roberta Franceschinelli, presidente della rete “Lo stato dei luoghi”. «Fa parte della missione dell’associazione prendersi cura e favorire occasioni di incontro, di confronto, di scambio di esperienze fra i soci della rete. Per questo per noi è particolarmente importante il momento dell’assemblea annuale. Dopo Milano e Roma, il gruppo di coordinamento ha deciso di organizzare questo appuntamento in un contesto differente, non urbano, che rispecchia l’eterogeneità geografica dei contesti che caratterizza tutti i centri culturali associati allo “Stato dei luoghi”. Siamo particolarmente felici di approdare in Sardegna e di farlo ancora una volta organizzando in uno dei centri culturali associati alla rete, che è Landworks, il quale fa parte quasi sin dall’inizio dell’avventura che abbiamo intrapreso come rete».

La giornata di oggi sarà aperta anche all’esterno, per incontrare le istituzioni del territorio e i progettisti culturali sardi invitati alla tavola rotonda in corso di svolgimento questa mattina. Il seminario in programma di pomeriggio tratterà i temi cari alla rete, dalla concessione degli spazi al significato del lavorare oggi in questo contesto per favorire la nascita di nuove pratiche culturali orientate al welfare. Le altre giornate saranno dedicate ai soci che arriveranno da tutta l’Italia.

«Lavoreremo con loro per sviluppare nuove progettualità ma anche per esplorare il territorio della Sardegna, in particolare quello di Landworks, che probabilmente è meno conosciuto e meno scontato rispetto a quelli di Roma e Milano», precisa Franceschinelli. «La maggior parte dei nuovi centri culturali agisce su immobili di proprietà pubblica però, al di là di chi sia il proprietario del bene, è fondamentale la relazione con l’ente locale di riferimento perché parliamo di pratiche culturali che vogliono attivare e coinvolgere i cittadini, quindi la relazione con il pubblico ci deve essere. C’è indubbiamente una diversità di approccio da regione a regione, a volte da città a città. Per esempio, la Puglia dalla quale io provengo lavora su questo tema da molti anni, su quella che poi è diventata la politica dei laboratori urbani. In altri casi ci sono invece degli enti locali singoli che hanno messo in piedi dei processi di riflessione sul sistema di concessione degli spazi e in qualche modo hanno favorito il percorso. È chiaro che recuperare un bene in chiave culturale là dove c’è un ente locale che già conosce la materia e magari ci sta lavorando da anni, è molto più facile rispetto ad altri luoghi più lontani che sono meno attraversati da certi scambi. Il tema è sicuramente più sentito rispetto al passato, avverto un crescente interesse sia da parte della pubblica amministrazione che dei cittadini. È proprio per questo motivo che la nostra associazione ci tiene ad essere pervasiva: desideriamo arrivare in tutta l’Italia. Mettiamo a disposizione il know how e le competenze che abbiamo sviluppato. L’importante è non fare confusione con la filosofia dei grandi Master plan, che va in tutt’altra direzione».

«Il welfare culturale è ormai strumento sempre più indispensabile di cura della comunità, che non si ferma soltanto alle esperienze sulle fasce della società “malata” (mi riferisco in particolare alle azioni su pazienti vittime di Alzheimer, Parkinson, autismo, ecc.)», sottolinea Emmanuele Curti, cofondatore e membro del coordinamento della rete. «Noi insistiamo invece nel sostenere che il welfare culturale, attraverso nuovi concetti di rigenerazione, si apra alla comunità nella sua interezza, prendendosi cura del tessuto di nuovi codici di relazione, in particolare nelle aree più fragili: molto spesso i nostri centri sono nelle periferie, sono ai margini della città, sono in ex edifici del ‘900, sono nelle aree interne, come qui all’Argentiera. Nella rigenerazione di questi spazi, nelle attività formative e di inclusione sociale che noi svolgiamo, ci prendiamo cura delle comunità che abitiamo. Questo naturalmente apre a un nuovo concetto e a una nuova declinazione di welfare: riteniamo che il welfare novecentesco sia superato, e sia quindi indispensabile oggi rideclinare il concetto di benessere in un nuovo rapporto fra welfare sociale e culturale. Aggiungo che questo momento ha anche grande rilevanza per quello che riguarda la rigenerazione delle aree interne sarde e italiane, in particolare per quanto riguarda i Comuni coinvolti nei progetti del Bando borghi, su cui dobbiamo sempre più lavorare in una dimensione sistemica».

Per consultare il programma completo della tre giorni, cliccare qui.

Credits: foto di Andrea Maspero ed Ettore Cavalli


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