Welfare & Lavoro

Centri di salute mentale, in Sardegna si lavora nell’incertezza totale

Dopo le accuse delle centrali cooperative isolane, esplode il caso di una comunità ad alta intensità che lavora in regime di proroga ma da gennaio non riceve i pagamenti della Asl competente. La quale continua a inviare i pazienti ma pare non intenzionata a rinnovare il contratto. Dalla Regione silenzio assoluto

di Luigi Alfonso

C’era una volta la sanità, in Sardegna. Quel che resta, dopo l’uragano pandemico, è ben poca cosa rispetto ai buoni livelli delle prestazioni raggiunti anni or sono. E ora c’è persino chi rimpiange l’assessore Mario Nieddu, travolto dal rimpasto in Giunta regionale imposto dal presidente Christian Solinas. Il suo successore, Carlo Doria, sta riuscendo a spazientire la maggior parte dei sindacati e delle associazioni di categoria. Nel frattempo, la maggioranza in Consiglio regionale ha fatto quadrato e lo ha difeso compatta (34 voti a 17) dalla mozione di sfiducia proposta dal centrosinistra e dal M5s. Le alchimie tattiche in aula non sono però in grado di abbassare i toni della protesta generale che si leva un po’ da tutti i settori della sanità pubblica: tra i capi d’accusa, le interminabili liste d’attesa che soltanto in minima parte sono state ridotte.

Ora c’è da registrare la risposta che l’Ares (Azienda regionale della salute) oggi ha inviato alle centrali cooperative in merito alla vicenda degli appalti di gestione dei servizi residenziali, semiresidenziali e domiciliari, con particolare riferimento ai centri di salute mentale in capo alle Asl di Cagliari, Sanluri, Oristano e Lanusei. Il direttore sanitario dell’Ares, Giuseppe Dessì, ha ricordato a Federsolidarietà-Confcooperative, Legacoopsociali e Agci Sardegna che compete alle Aziende sanitarie “l’organizzazione dei servizi sanitari e sociosanitari e la gestione dei relativi contratti di appalto”, che in quei territori specifici sono scaduti da tempo. Il problema rimbalza dunque verso le Asl. L’assessore regionale della Sanità sinora non è intervenuto in merito.

Intanto, il malumore che serpeggia tra le cooperative sociali sarde prende sempre più corpo. Ad uscire allo scoperto stavolta è l’Asarp, l’Associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica, che ha convocato una conferenza stampa per denunciare una situazione emblematica che ormai è paradossale. La comunità terapeutica “Franca Ongaro Basaglia”, gestita dalla cooperativa sociale Asarp Uno, è una realtà ad alta intensità che è stata aperta nell’ottobre 2016, a seguito di una gara d’appalto sessennale della Asl 8. Accoglie otto persone tra i 18 e i 55 anni (4 donne e 4 uomini) che stanno portando avanti il loro progetto riabilitativo individuale: con alcuni si sta programmando il ritorno a casa con un progetto di abitare condiviso supportato, altri hanno ripreso gli studi universitari, altri ancora stanno sperimentando progetti di inclusione lavorativa, un paio di loro sono sostenuti nella delicata ripresa di rapporti familiari.

L’appalto al momento va avanti in regime di proroga. Le tariffe, dunque, non sono state adeguate e con esse neppure le strategie d’intervento. In sostanza, la cooperativa va in perdita perché dal gennaio 2023 la Asl non paga le prestazioni e gli operatori della comunità non ricevono la retribuzione. La cooperativa si trova in estrema difficoltà anche perché deve affrontare ingenti spese di gestione (affitto locali, utenze, vitto, polizze assicurative, spese per la sicurezza, utilizzo delle auto di servizio, ecc.). «A tutt’oggi non si è avuta nessuna risposta da parte della Regione e della Asl, l’unica eccezione è la lettera dell’Ares», spiega Rosario Angrisani, vicepresidente di Federsolidarietà Sardegna, alla quale Asarp Uno è associata. «Su questa vicenda, il dipartimento di Salute mentale della Asl ha espresso parere positivo però occorrono altri passaggi amministrativi. È una questione di rispetto nei confronti dei pazienti ma anche dei lavoratori della cooperativa sociale, che hanno famiglia e sono appesi a un filo da troppo tempo».

«Ares in pratica ricorda che le Asl hanno piena autonomia nella definizione dei rapporti con i fornitori per le attività delle comunità e tutto ciò che si svolge nel territorio di competenza. In definitiva, se ne tira fuori», accusa Gisella Trincas, presidente dell’Asarp e presidente nazionale dell’Unasam – Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale. «È davvero inquietante che un’Azienda pubblica di questo calibro non ritenga di dover esprimere una valutazione sulle scelte dei direttori generali delle Asl sarde. Anche a livello nazionale si sollecita l’apertura di luoghi che consentano di tenere le persone sotto custodia, invece in Sardegna si chiudono le comunità territoriali per destinare le strutture a tutt’altro rispetto alla salute mentale e ai percorsi di ripresa e di emancipazione delle persone. C’è una visione politico-culturale che va in una direzione diametralmente opposta rispetto ai bisogni reali dei pazienti e delle loro famiglie».

«Nell’ottobre 2022 è scaduto il contratto sessennale», racconta Stefania Matta, presidente della cooperativa sociale Asarp Uno (i cui soci non sono gli operatori, bensì i familiari dei pazienti) e responsabile della comunità terapeutica Franca Ongaro Basaglia. «Prima di quella scadenza abbiamo inviato una Pec alle direzioni della Asl e di Ares Sardegna, chiedendo di conoscere le decisioni assunte in merito alla scadenza del contratto. Nel frattempo, gli utenti hanno continuato a permanere in comunità per la prosecuzione del progetto riabilitativo. Un’altra mail di sollecito è stata inviata il 12 dicembre scorso: anche qui nessuna risposta. Il 3 gennaio 2023 abbiamo inviato una terza mail all’ufficio acquisti di Ares Sardegna, evidenziando di non aver ricevuto alcuna proroga per la prosecuzione del servizio in essere. Infatti, nessun utente è stato dimesso dai servizi territoriali. A tale comunicazione, Ares ha risposto che si poteva emettere la fattura per i pagamenti di novembre e dicembre 2022. Il 4 gennaio scorso, il dipartimento di Salute mentale ha inserito in comunità un altro utente. Ma dopo ripetuti tentativi da parte di nostra di avere delle risposte, pochi giorni fa abbiamo ricevuto una comunicazione del direttore della Asl 8 che, in risposta a una lettera dell’ufficio acquisti di Ares, dice testualmente: “Si comunica che non è intendimento di questa Direzione procedere alla richiesta di rinnovo dei servizi di che trattasi”. Insomma, oltre il danno, la beffa. Non è dato sapere, al momento, che fine faranno i pazienti e, men che meno, gli operatori della comunità. Che continuano a lavorare ma non percepiscono lo stipendio.