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Cambiamento climatico, a pagare il prezzo più alto sono sempre i poveri

«Il cambiamento climatico impatterà su tutti i settori della nostra vita, nessuno escluso», spiega Stefano Caserini, professore di mitigazione dei cambiamenti climatici al Politecnico di Milano. «Ci saranno conseguenze economiche, ambientali, sociali ma anche sulle relazioni tra esseri umani. Le fasce più fragili, più povere della società, sono e saranno le più colpite perché prive di meccanismi di difesa. Ma ogni singolo cittadino ha un ruolo politico, e quindi la prima azione da fare per contrastare il cambiamento climatico è esercitarlo e indirizzare le scelte dei governi»

di Anna Spena

C’è chi l’ha negato. Chi, pur riconoscendolo, l’ha sempre considerato “lontano”, chi sa e “non fa”. Ma le scene drammatiche che arrivano dall’Emilia Romagna non hanno a che fare con il maltempo. Quello che sta succedendo ha un nome: cambiamento climatico. Ma chi ne pagherà il prezzo maggiore? «Faremmo prima a chiederci», dice Stefano Caserini, professore di Mitigazione dei Cambiamenti Climatici al Politecnico di Milano, «chi non le pagherà queste conseguenze? Il cambiamento climatico impatterà su tutti i settori della nostra vita, nessuno escluso».

Il professor Caserini nel suo ultimo libro “Sex and the climate” (Edizioni People – pp- 176) racconta quello che nessuno spiega sui sui cambiamenti climatici. «Questi hanno conseguenze economiche, ambientali, sociali», dice. «Ma questi sono anche connessi e influiscono sui sentimenti o sul desiderio di congiunzione intellettuale e fisica fra gli esseri umani. Già oggi le concentrazioni di CO2 influiscono sull’umore e i livelli di serotonina, le alluvioni interrompono storie d’amore e le ondate di calore contribuiscono a rendere poco piacevoli attività normalmente gradevoli: anche l'eros e il clima sono due sfere connesse».

Precipitazione intese e siccità, due tra le conseguenze del cambiamento climatico che più impattano sulla vita quotidiana, sono due facce della stessa medaglia: «Per eluderle», continua il professore, «bisognerebbe vivere in un bunker o con l’aria condizionata sempre accesa». Ma non tutti hanno gli stessi meccanismi di difesa. «Le fasce più fragili, più povere della società, sono e saranno le più colpite. Perché di fatto hanno meno strumenti a disposizione. Come la possibilità di usare l’aria condizionata per contrastare le conseguenze del caldo estremo sulla salute o possibilità di isolare gli ambienti in cui vivono con i cappotti termici oppure attraverso l'inserimento di materiale termoisolante nelle pareti».

Il sesto apporto del Panel on Climate Change (ipcc), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, parla chiaro: il clima è già cambiato. La domanda a cui dobbiamo rispondere adesso è: cosa dobbiamo fare? Possiamo invertire la rotta? «Esistono», spiega Caserini, «molteplici opportunità per intensificare l’azione di adattamento e mitigazione. Si possono fare tante cose a diversi livelli, dal singolo cittadino alle Regioni, dal Governo agli istituti finanziari. Dobbiamo allontanarci da quello che abbiamo fatto negli ultimi 30 anni, dobbiamo farne a meno per i prossimi 30. Dobbiamo cambiare le politiche, ma farlo con serietà. La prima azione è la strategia di decarbonizzazione, il processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia».

Ma questa in che modo riguarda direttamente il cittadino? «Una buona azione isolata, da parte di una sola persona, non porta al raggiungimento di nessun obiettivo. Però attenzione: ogni singolo cittadino ha un ruolo politico, e quindi la prima azione da fare è esercitare quel ruolo e chiedere alla politica misure adeguate per combatte il climate change».

Credit foto Avalon/Sintesi


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