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Nell’epicentro pensiamo a ripartire

A Faenza, l'Associazione "Genitori ragazzi con disabilità" fa il punto dei danni e pensa alla ripresa, perché già pesa l'isolamento. Parla il presidente, Riccardo Casamassima

di Redazione

«Siamo in una situazione di assoluto day after. Faenza è piena di fango, le strade sono bloccate, il traffico è impazzito, le automobili sono parcheggiate ovunque». Quando le prime parole sono quelle che pesano. A pronunciarle è Riccardo Casamassima, presidente di “Genitori ragazzi con disabilità”, associazione di base nel comune emiliano: l’epicentro dell’alluvione che ha colpito la regione. Una stato di emergenza che ha provocato frane e allagamenti ovunque, ma che non ha fiaccato il gruppo nato nel 2004. Il suo obiettivo? Dare speranza, arginare la solitudine e contribuire al benessere delle persone con disabilità e alle loro famiglie (una trentina). Anche contro la furia dei cambiamenti climatici. «Qui siamo la realtà più operativa».

L’isolamento dei ragazzi

«In questo momento l’associazione è la stessa città. Pensare al “dopo”? Certo che lo facciamo, ma prima dobbiamo rimettere in piedi tutto. A ora la nostra preoccupazione più grande», spiega Casamassima, «è l’isolamento». Per il presidente prendere parte all’attività di ricostruzione della città può paradossalmente tradursi in un «qualcosa di formativo». Un passaggio da cui purtroppo sono esclusi i suoi ragazzi. «Farebbero fatica a spalare il fango». Che fare dunque? «Non rimaniamo certo con le mani in mano. Stiamo elaborando delle strategie, ma non possiamo fare molto altro: il territorio è concentrato nel salvare se stesso. In questa situazione non ce la sentiamo di chiedere aiuto. Penso che fra qualche giorno riproveremo a far partire qualche attività: forse la piscina. Magari poi ci inventiamo anche un modo per far partecipare i ragazzi alla ripartenza. Non ci demoralizziamo, in questo siamo bravissimi». Con le famiglie il contatto ovviamente non si è mai interrotto. «Ci sentiamo continuamente».

La bottega del talento e lo sport

L’associazione si divide tra due appartamenti, «in cui i ragazzi fanno residenzialità», attività sportiva, «impossibile fare basket inclusivo», e quella che chiamano “La bottega della loggetta”, «una palestra di potenziamento di abilità: dal vendere prodotti alla socializzazione fino all’andare in bici. A ora è inagibile e chiusa. Impossibile fare attività almeno fino al ripristino della viabilità: si mettono a rischio le vite. Non scherziamo».


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