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La svolta della Sardegna passa per innovazione e imprenditorialità

Agli Stati generali di Federsolidarietà, che ieri si sono riuniti a Cagliari, una grande assenza: la politica regionale. Unica eccezione l'assessora del Lavoro. Sfugge ancora una volta al confronto l'assessore della Sanità e delle politiche sociali. L'organizzazione si dice pronta a nuove manifestazioni di protesta se non sarà dato ascolto alle istanze. Ma chiede ai suoi associati una crescita manageriale e la capitalizzazione per sganciarsi dagli interventi del settore pubblico

di Luigi Alfonso

Duecentocinquanta imprenditori sociali giunti da tutta la Sardegna ieri hanno partecipato agli Stati generali della cooperazione sociale aderente a Confcooperative-Federsolidarietà Sardegna insieme ai rappresentanti di banche, fondazioni bancarie, della Chiesa, della Giunta regionale e dell’Anci. Massiccia la risposta all’invito giunto dai vertici di Federsolidarietà nazionale e isolana per l’evento che si è tenuto a Cagliari ed è stato coordinato dal direttore generale di Confcooperative Sardegna, Gilberto Marras. Potrebbe trattarsi di un autentico spartiacque per tutto il settore cooperativistico sardo. Il presidente nazionale di Federsolidarietà, Stefano Granata, ha spronato tutti a non guardare più soltanto ai contributi pubblici: occorre capitalizzare le imprese, ragionare in maniera differente, innovarsi. Ma per la politica, ieri grande assente (l’unica eccezione è stata quella dell’assessora regionale del Lavoro, Ada Lai, mentre l’assessore regionale della Sanità e delle politiche sociali, Carlo Doria, mezz’ora prima del suo intervento ha inviato un messaggio, annunciando “urgenti impegni istituzionali” che lo hanno “costretto” ancora una volta a disertare il confronto con le parti sociali). «Va bene il dialogo, ma di questo bisogna tenerne conto», ha commentato Granata di fronte a una platea attenta e determinata a cambiare rotta per superare la crisi economica.

Si è arrivati al proverbiale bivio, dunque. E il presidente Granata, da buon milanese pragmatico, ha detto a chiare lettere che si va a sbattere contro un muro, se non si trovano soluzioni migliori e alternative a quelle adottate sinora. «È importante assumere consapevolezza del ruolo che assume oggi la cooperazione sociale», ha detto. «Questa regione, per non rimanere isolata, deve connettersi col resto del mondo. La cooperazione sociale deve giocare un ruolo da protagonista nelle transazioni che le sono proprie, come il digitale e l’ambientale, per dare una struttura sociale vera a questo territorio. Però deve muoversi con una certa indipendenza, perché purtroppo non c’è ancora lungimiranza politica. Bisogna cambiare postura, farsi rispettare, e sapere che l’unica risorsa non può arrivare solo dal pubblico. La cooperativa sociale dev’essere più impresa, deve saper aggregare risorse, investire e creare ricchezza dentro le opportunità che ci sono. Occorre un salto evolutivo. Dopo questi Stati generali, i nostri associati usciranno con una nuova consapevolezza e forse con un maggior carico di responsabilità. Ma credo che questo serva per avere un atteggiamento diverso di fronte al decisore politico. Sulle tariffe per le cooperative accreditate, c’è poco da fare: le decisioni spettano alla politica regionale. A noi però spetta il compito di assumere delle posizioni ferme. Non vogliamo più sentirci dire “siete l’asse portante” oppure “siete i resilienti”: lasciamo stare la resilienza. Bisogna dare servizi di qualità ai cittadini, e per farlo occorrono le risorse. Che peraltro in Sardegna non mancano: sono male alloccate e prevedono tempi lunghissimi. Non è più tollerabile vedere i lavoratori sociali impoveriti».

Poi una strigliata alla politica locale, la grande assente: «Devo constatare l’assenza strategica di alcuni assessori regionali che avremmo voluto ascoltare. Dobbiamo trarne le conseguenze, la politica va richiamata ai suoi doveri. Non può sfuggire al confronto. Noi vogliamo essere collaborativi e concorrere insieme alla riprogrammazione. Se l’intento dei politici sardi è di utilizzarci come meri fornitori di manodopera, dobbiamo iniziare a ragionare su azioni da portare avanti a muso duro e farci rispettare».

«Chiamiamo tutti ad una maggiore responsabilità, occorre cambiare rispetto ad una situazione oggi grave e che tende ad aggravarsi», ha detto invece Antonello Pili, presidente di Federsolidarietà Sardegna, che conta 300 cooperative associate sulle 700 operanti nell’Isola. «L’inverno demografico in questa regione cancella ogni anno un Comune da 15mila abitanti e non c’è nessuna politica per gestire i flussi migratori o per erogare i servizi contro lo spopolamento: lo scorso anno sono morte circa 20mila persone e i nati sono stati appena settemila. Se aggiungiamo i duemila sardi che ogni anno lasciano l’Isola per cercare lavoro altrove, il saldo negativo fa paura. Dove sono le politiche per l’infanzia, per la genitorialità, per gli anziani? In Sardegna abbiamo un tasso d’invecchiamento del 241%: dove vogliamo andare? Rischiamo di non avere più la forza lavoro per settori strategici come il terziario e l’agricoltura. Desideriamo costruire insieme a tutti gli attori istituzionali (politica, istituti di credito, la Chiesa attraverso la Pastorale sociale del lavoro) un nuovo sistema di cooperazione e di welfare. Le imprese cooperative sociali oggi sono costrette a combattere contro una burocrazia asfissiante che non stipula e rilancia le convenzioni che consentono alle cooperative sociali di erogare i servizi ai cittadini fragili, per le condizioni di salute, per la povertà economica e per la povertà educativa. È evidente l’assenza assordante di un piano operativo, su cui ci sia stata data possibilità di dare un contributo concreto di analisi e proposte, per garantire i servizi sociosanitari, socioassistenziali e socioeducativi nelle comunità. Il nostro mondo, però, deve accrescere le proprie competenze dal punto di vista dirigenziale, manageriale e di gestione dell’impresa. Perché è vero che nel nostro animo vogliamo aiutare i più fragili, ma sempre imprese siamo. Dobbiamo incidere di più là dove si decidono le regole del gioco e la vita delle persone. Ci ha sempre contraddistinti la ricerca del dialogo. Oggi sono mancati numerosi decisori, ma continueremo a prediligere la concertazione. Se saremo costretti, però, non disdegneremo forme di protesta nelle sedi opportune, anche con manifestazioni in piazza. Rivendichiamo per la Sardegna il primato della politica rispetto alla burocrazia amministrativa».

«Oggi più che mai serve un welfare che sia in grado di rigenerare le risorse disponibili e di spenderle bene tutte, perché non utilizzare i fondi significa decrescere», ha detto l’assessora Lai. «L’assessorato del Lavoro nell’ultimo avviso ha incrementato le risorse a favore del mondo delle cooperative, non solo perché crediamo nella loro capacità di essere interpreti del cambiamento, ma soprattutto per il loro contributo all’occupazione e all’erogazione dei servizi. Dopo la pandemia è cambiata l’economia e sono mutate le modalità del lavoro, che è diventato più agile. Ed è ora che cambi anche la pubblica amministrazione per essere sempre più al servizio dei cittadini e delle imprese. È necessario semplificare le procedure e velocizzare gli adempimenti burocratici. Il cambiamento e la semplificazione sono già in atto, ma devono dare ancora i loro frutti. Per promuovere l’occupazione, dobbiamo mettere al centro i Comuni e co-progettare con loro i bandi, perché sono l’istituzione che ha il contatto più diretto con i cittadini e conosce i bisogni reali del territorio, ma soprattutto continuare ad investire in modo massiccio nella formazione professionale mirata alle richieste del mercato, perché solo le competenze possono garantire il lavoro».

In videoconferenza ha partecipato anche il presidente nazionale di Confcooperative, Maurizio Gardini, impegnato nelle aree dell’Emilia Romagna travolte dall’alluvione e a rappresentare i progetti di Confcooperative per rilanciare quelle comunità presso il Governo, ieri riunito in Consiglio dei ministri.