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Otto studenti (più un maestro) scrivono a una professoressa del nuovo millennio

Otto ragazzi dai 15 ai 18 anni, insieme al maestro e scrittore Alex Corlazzoli, hanno scritto una "Lettera a una professoressa del nuovo millennio". «L'opera di don Milani concludeva dicendo "siamo qui a aspettare una risposta". Non è arrivata, quel lavoro non è stato messo in pratica. Anche noi oggi aspettiamo una risposta perché la scuola di oggi, come quella di allora, non va», dice Corlazzoli

di Sara De Carli

Lettera a una professoressa è forse il testo più noto di don Milani. In occasione dei cento anni dalla sua nascita, il maestro e scrittore Alex Corlazzoli ha scritto una Lettera a una professoressa del nuovo millennio. Dalla scuola di Barbiana alla scuola di oggi, appena uscito per Bur. Lo ha fatto insieme a otto ragazzi tra i 15 e i 18 anni che frequentano scuole superiori della città di Crema. È quindi particolarmente interessante raccogliere la loro voce e il loro punto di vista, di ragazzi di oggi che di don Milani – prima – non avevano mai sentito parlare.

«Noi che viviamo tra i banchi della scuola pubblica, questo libro lo abbiamo pensato per tutti: per i nostri coetanei, per i maestri e i professori, per i genitori. Vogliamo solo essere ascoltati. Almeno una volta. Spesso ci dicono che “siamo il futuro” mentre noi vogliamo essere il presente, quelli che provocano una discussione, una riflessione vera, franca e sincera sul mondo dell’istruzione. Vogliamo farlo con il coraggio necessario. Qualcuno potrà accusarci di essere stati sfrontati, di essere stati arroganti», scrive Corlazzoli nella premessa. «Ma noi vogliamo solo provare a buttare il sasso nello stagno, a smuovere le acque paludate che da troppo tempo ristagnano in un clima di assuefazione, rassegnazione che si respira tra i corridoi dei nostri istituti. Abbiamo azzardato anche qualche soluzione, qualche proposta. Ci preme solo avere qualcuno che ieri come oggi ci risponda. Lettera a una professoressa concludeva così: “Ora siamo qui a aspettare una risposta. Ci sarà bene in qualche istituto magistrale qualcuno che ci scriverà”. Noi aspettiamo».

Filippo, Edoardo, Letizia, Nicholas, Chiara, Chiaretta, Tommaso e Lucia. Potete brevemente presentarvi?

Siamo un gruppo di ragazzi ognuno con le sue passioni, frequentiamo scuole diverse, dall’artistico all’ITIS informatica, ma abbiamo avuto tutti in comune l’impressione durante il nostro percorso scolastico che nella scuola qualcosa non fosse come dovesse essere. Questa nostra esperienza ci ha fatto accogliere immediatamente con entusiasmo l’idea di partecipare alla scrittura di un libro come questo. E no, purtroppo non siamo stati ex alunni di Alex.

Alex Corlazzoli insegna alla scuola primaria: siete suoi ex alunni?

Purtroppo no, non siamo stati ex alunni di Alex.

Come siete stati coinvolti nella scrittura di questo libro?

Ci ha coinvolto tutti Filippo, l’unico di noi che conosceva Alex prima dell’ideazione del libro.

Conoscevate già don Milani?

Chiaretta, Filippo, Edo, Lucia solo per sentito dire. Letizia, Tommaso, Nicholas, Chiara no. Alcuni di noi hanno letteralmente sentito nominare don Milani per la prima volta durante il primo incontro che abbiamo fatto su questo libro, mentre altri lo hanno conosciuto o per sentito dire oppure perché è stato affrontato come argomento a scuola a fine anno.

La cosa che vi ha colpito inizialmente di lui è stata…

Il modo in cui è nato la sua “Lettera a una professoressa” e le sue idee decisamente avanguardistiche per l’epoca.

Avete lavorato per mesi con Alex Corlazzoli, siete stati a Barbiana più volte. Oggi la vostra conoscenza di don Milani è certamente diversa da prima e anche più approfondita di quella un po’ per aforismi e stereotipi che mediamente le persone ne hanno. Chi è oggi don Milani per voi e in cosa non è più solo “quello che…”?

Nello nostro percorso e andando avanti nella lettura di “Lettera a una professoressa”, lo abbiamo sempre più visto come una figura appassionante e innovativa, che ci ha ispirato continuamente durante la produzione del libro.

Anche la vostra "Lettera a una professoressa" è una lettera di denuncia dei tanti mali della scuola italiana di oggi. Qual è l’aspetto della scuola che più vi fa male, per cui sentite che è “un ospedale che respinge i malati”?

La parte della scuola che tutt’oggi fa ancora male è l’incapacità dei professori di spiegare la loro materia in modo che lo studente si appassioni, o quanto meno che non la trovi estremamente pesante. Anche se dobbiamo dire che con i prof giovani spesso questa cosa si sente di meno.

Tra le riforme che proponete, c’è quella di “abolire i voti”. Quello della valutazione che educa, da liberare della tirannia del voto, è un argomento caldo. Cosa chiedete esattamente, per sgomberare il campo dall’accusa di volere “il 6 politico” e il tutti promossi?

Quello che chiediamo è di sostituire il voto con un semplice “passato” o “non passato”, con conseguenti consigli da parte del prof per far capire allo studente dove può migliorare e cosa può cambiare per andare meglio nelle prove successive. Siamo contro i voti numerici non contro la valutazione. Siamo contro i voti numerici non tanto per la delusione nel vedere un 4, ma perché questi voti freddi e asettici non ci danno nulla indietro se non la sensazione di essere incasellati come numeri e poco altro. Inoltre il problema di questo sistema è che spesso i prof, soprattutto quelli più “accaniti”, lo usano per dare insufficienze nascondendosi senza dare spiegazioni, ed è grave perché questo è esattamente ciò che più di tutto toglie a noi ragazzi la voglia di studiare.

La conclusione del vostro “Lettera a una professoressa del nuovo millennio” è l’invito ad essere scuola, non a fare scuola. La domanda giusta – dite riprendendo don Milani – non è come bisogna fare per fare scuola, ma di come bisogna essere per poter fare scuola. Come bisogna essere?

La scuola deve essere in primis un luogo dove i professori riescano a essere più coinvolgenti e comprensivi verso gli studenti, in modo che questi trovano un ambiente produttivo e dove possano sentirsi realmente aiutati in un percorso di crescita, sia umano che culturale, come futuri cittadini.

Alex, cosa vuole aggiungere alle riflessioni dei suoi giovani co-autori?

Per me poter riscrivere con dei giovani di oggi quella lettera che avevo lette decine e decine di volte è stata un’opportunità. Mi sono sempre chiesto se quella lettera fosse ancora valida oggi, se forse non l’avevamo letta già abbastanza. I giovani mi hanno dato la risposta. La stessa che i ragazzi di Barbiana avevano dato a don Milani: la scuola così non va. Hanno chiesto una scuola più “di vita”, dove si legga il giornale, una scuola che li ascolti davvero, non senza una valutazione ma senza voti. Quindi è stata veramente una conferma di quanto quella lettera dopo così tanti anni sia ancora valida, da prender in mano, da rileggere, da studiare e soprattutto da mettere in pratica. Lettera a una professoressa di don Milani non è stata messa in pratica, speriamo che il nostro libro invece serva a dare una spinta – anzi un calcione – a chi deve cambiare questa nostra scuola, mettendo in pratica l’insegnamento di don Milani.


VITA ha realizzato il podcast “Maestre e maestri d’Italia” disponibile sulle app free (Spotify, Apple Podcast, Spreaker, Google Podcast). Il primo episodio è proprio "Eraldo Affinati e il segreto di Barbiana". La voce autoriale di Alessandro Banfi ha raccolto otto ritratti di altrettanti educatori italiani che hanno fatto della propria vita una vera missione, dentro e fuori le aule di scuola. Da Maria Montessori a Alberto Manzi, da Mario Lodi a Gianni Rodari. Qui potete scaricare la puntata del podcast dedicata a don Milani. Il podcast è prodotto da VITA con Chora Media in collaborazione con Fondazione Cariplo.


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