Cooperazione & Relazioni internazionali

Joseph Kony, una sciagura nel cuore dell’Africa

di Giulio Albanese

C’è una “Primula Rossa”, nel cuore dell’Africa Subsahariana, che finora nessuno è riuscito a scovare. Si tratta di Joseph Kony, il famigerato leader dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) che, dalla fine degli anni Ottanta, semina incontrastato morte e distruzione: prima nei territori settentrionali dell’Uganda, poi nel Sudan meridionale e attualmente nel settore nordorientale della Repubblica Democratica del Congo, con sconfinamenti anche nella vicina Repubblica Centrafricana. Recentemente, i crimini perpetrati dal capo degli “Olum” (“erba” in lingua acholi, così vengono comunemente chiamati dalla gente i suoi combattenti), sono tornati alla ribalta internazionale per due motivi suscitando, peraltro, notevole sgomento e indignazione. A scatenare l’attenzione nei confronti di questo criminale a piede libero è stato, anzitutto, il video appello per il suo arresto, messo “on line” dalla campagna lanciata da “Invisible Children”, una Ong di San Diego, negli Stati Uniti. Sebbene il documentario sia stato criticato per aver presentato un quadro troppo semplificato e non aggiornato della questione, è certamente riuscito a far conoscere al grande pubblico internettiano un personaggio che ha la responsabilità di aver rapito oltre 30mila bambini costringendoli a combattere, compiendo ogni genere di nefandezze. Nel frattempo, per catturare Kony – inseguito dal 2005 da un mandato di cattura del Tribunale penale internazionale per crimini contro l’umanità – si è mobilitato anche l’esercito americano. Il generale Carter Ham, a capo del Comando Africa, coordina una gigantesca caccia all’uomo che vede Navy Seals e Berretti Verdi affiancare migliaia di soldati africani, soprattutto ugandesi, con il sostegno di satelliti, droni e le più moderne apparecchiature dell’intelligence elettronica per i combattimenti notturni. Finora però tale poderoso apparato si è dimostrato inutile. Basti pensare che droni e satelliti non riescono più di tanto ad intercettare, a causa della fittissima vegetazione che copre gran parte del territorio dove si nasconde Kony, impedendo l’identificazione dei suoni e creando spesso false immagini. Finora, l’unica vera buona notizia è stata la cattura, per mano dell’esercito ugandese di Caesar Achellam, uno dei leader dello Lra. L’arresto di Achellam, avvenuto nella Repubblica Centraficana lo scorso 12 maggio, viene considerato dalle autorità ugandesi un colpo fondamentale nella guerra contro Kony, anche se della “Primula Rossa” non si ha traccia. Ma chi è davvero questo criminale che continua a fare il bello e il cattivo tempo terrorizzando le popolazioni dell’ex Zaire e della Repubblica Centrafricana? Quando nel gennaio del 1986, Yoweri Museveni, presidente ugandese in carica, conquistò il potere con le armi, Kony aveva venticinque anni. Nato a Odek, nei pressi di Opit, nel distretto di Gulu (Uganda Settentrionale), il capo degli Olum manifestò, sin da bambino, profondi segni di squilibrio. I suoi genitori lo affidarono ad uno stregone locale. La mamma di Kony raccontò a un missionario che il figlio era stato sottoposto ad una sorta d’esorcismo. Con il risultato, disse sempre la donna, di essere posseduto permanentemente da uno “spirito di guarigione”. La verità è che, negli anni, il suo stato mentale è peggiorato notevolmente. Sul fatto poi che Kony abbia esercitato il ministero di ‘catechista’, come riferito da alcuni giornali in Uganda e all’estero, pare che si tratti di una congettura priva di fondamento. Anche perché finora non è stata rilevata traccia di alcun certificato di battesimo che possa, in un modo o nell’altro, comprovare la sua appartenenza alla Chiesa Cattolica. Sul fatto invece che abbia svolto, almeno per un certo periodo, attività occultistiche legate alla magia e alla stregoneria più in generale, sembrano esservi molti più indizi stando alle testimonianze raccolte ad Opit e dintorni. Nel 1988, a seguito della sconfitta militare di sua cugina Alice Lakwena, leader di una fazione antigovernativa soprannominata Esercito dello Spirito Santo, Kony fondò un suo gruppo armato denominato prima Forza mobile dello Spirito Santo e successivamente Esercito di Resistenza del Signore. Nacque così un movimento sincretistico che con il cristianesimo ha ben poco a che spartire. La loro strategia consiste nel saccheggiare i centri abitati del nord Uganda, uccidere chiunque capiti loro a tiro e rapire i minori (prevalentemente dagli 8 ai 16 anni). Chi scrive, ha incontrato in un paio di circostanze questi “soldatini di piombo” nella savana, nei distretti nord ugandesi di Kitgum, Gulu e Pader. Difficile raccontare con le parole un qualcosa anni luce distante dal pubblico immaginario. La tecnica di reclutamento è agghiacciante: gli Olum entrano nei villaggi – oggi soprattutto congolesi – uccidono gli adulti, sequestrando invece i bambini, i quali, in un brevissimo lasso di tempo, si trasformano in feroci combattenti avvezzi all’arma bianca e all’uso disinvolto del kalashnikov. Attraverso un rito iniziatico, fatto di suggestioni e ipnosi collettiva, il cosiddetto “Wiro ki moo”, migliaia di giovani reclute hanno consentito per anni a Kony di avere il controllo di vastissimi territori dell’Africa Centrale. Viene spontaneo chiedersi a questo punto come mai, ancora oggi, Kony e i suoi seguaci siano a piede libero. La risposta è una sola e ben nota nei circoli diplomatici. Finora è mancata la volontà politica. Da una parte, lo spettro di Kony continua ad aleggiare sulle popolazioni del Nord Uganda; e ciò fa il gioco del presidente ugandese Museveni, che considera le popolazioni locali, soprattutto acholi, ostili alla propria leadership. Dall’altra, Khartoum potrebbe sempre assoldare, come già avvenuto in passato, gli Olum nel caso il processo di pacificazione nel Sud Sudan dovesse fallire. Cosa che per certi versi sta già avvenendo. In Congo, intanto, la povera gente continua a subire vessazioni d’ogni genere, dimenticata da tutto e da tutti.


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