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Cooperazione & Relazioni internazionali

Nord e Sud Sudan ai ferri corti

di Giulio Albanese

I ribelli darfuriani del Jem (Justice and Equality Movement) hanno sferrato oggi un pesante attacco contro una base militare governativa, nella zona di Jebel al-Dayer, non lontano da al-Rachad, nello Stato del Nord Kordofan. Non si conosce al momento il bilancio delle vittime, ma l’operazione del Jem ha causato la fuga della stremata popolazione civile. Khartoum ha accusato, come di consueto, il governo di Juba per aver sostenuto l’attacco ribelle con uomini e mezzi. Sta di fatto che la tensione, in queste ore, è altissima anche nel Sud Sudan. Infatti, martedì sera, il capo dello Stato, Salva Kiir Mayardit, è apparso alla televisione governativa, annunciando la rimozione, per decreto presidenziale, del vicepresidente e dell’intero governo. La decisione è arrivata al termine di un braccio di ferro tra Salva Kiir e il suo vice Riek Machar che recentemente, in un’intervista al britannico “Guardian”, aveva dichiarato di essere pronto a correre per le prossime elezioni previste per il 2015. Un atto di sfida aperta alla leadership di Salva Kiir che lo scorso febbraio aveva messo in atto una pesante ristrutturazione dell’esercito, rimuovendo 117 alti ufficiali di etnia Nuer, cui appartiene Riek. Lo scenario è dunque inquietante se si considera, poi, che il presidente nordsudanese Omar Hassan el Bashir ha minacciato di bloccare, per l’ennesima volta, il flusso di petrolio dal Sud, a partire dal 7 agosto, accusando Juba di appoggiare la ribellione del Sud Kordofan. Come se non bastasse, nel Sud, ricco di petrolio, ma povero di infrastrutture, la sicurezza alimentare è un miraggio. L’agricoltura allo sfacelo e dunque la quasi totalità del cibo viene importata dai Paesi limitrofi, facendo salire i prezzi alle stelle. Viene spontaneo chiedersi: quando, quella povera gente, potrà  vivere in pace?


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