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Rage Against the Måneskin

di Lorenzo Maria Alvaro

Ieri sera al Festival si è consumato un omicidio sul palco. È stato ucciso il rock. Una vittima già compromessa vista l'indifferenza dei più. Anzi peggio: visto il giubilo di alcuni addetti ai lavori, come Gino Castaldo, che in diretta televisiva si è spellato le mani nel magnificare lo spettacolo appena concluso, per altro con un patetico gergo giovanilistico (è riuscito a pronunciare testualmente «Tom Morello, il chitarrista più figo che c'è ora al mondo». L'ultimo album che lo vede protagonista è del 2010, 23 anni fa, con gli Street Sweeper Social Club).

Ieri sera al Festival hanno ucciso la voce di una generazione, un certo modo di intendere la musica come appartenenza, comunità e senso.

Ieri sera al Festival si sono esibiti i Måneskin insieme a Tom Morello.

Non si tratta di una featuring come un altro. Ha un valore simbolico e metaforico fortissimo.

Tom Morello è infatti il chitarrista di un gruppo molto particolare cui, insieme al rap esplosivo e graffiante oltre che politicizzato di Zack de la Rocha, dava identità sonora.

Parliamo dei Rage Against The Machine. “Rabbia contro il sistema” non è solo un nome, o almeno non lo era. Era un manifesto programmatico. Una carriera vissuta tra concerti improvvisati davanti a Wall Street contro la speculazione finanziaria, concerti in cui si incitava alla rivolta il pubblico (nel 2000 durante la Convention Democratica a Los Angeles con conseguenti disordini), pugni chiusi da tirare in faccia a quel sistema. “Know your enemy” cantavano, perché solo conoscendo il tuo nemico puoi batterlo.

Bene ieri sera il nemico ha vinto.

Vedere Tom Morello sul palco più asservito al sistema che esista, quello di Sanremo, con il gruppo che più banalizza e plastifica e rende pop (nel senso più dispregiativo del termine possibile) il genere rock come i Måneskin, è stato uno sputo in faccia a una generazione e ai suoi valori.

I Måneskin stanno al genere come i rosari di plastica in vendita fuori dalla basilica di San Francesco ad Assisi stanno alla fede: sono una bestemmia, una profanazione. E per certa gente Tom Morello era come Gesù. Ci si aspetterebbe che cacci i mercanti del tempio, non che si sieda con loro e gli offra da bere.

Per capirci: negli anni 90 spesso capitava facessero dei grandi concerti punk, invitando tutti i gruppi più importanti della scena. E chi li frequenta si ricorda il periodo Blink 182. Erano considerati un gruppo pop. E per questo venivano cacciati sistematicamente con massicci lanci di birre e accendini sul palco. A Bologna addirittura si sfiorò il linciaggio quando parte del pubblico decise di cacciarli a pedate salendo direttamente sul palco. Il motivo era semplice: non erano degni di stare su un palco che rappresentava certi valori e un preciso modo di intendere e vivere le cose. Un po' quello che succede oggi con i rapper da talent o i Fedez, percepiti dal pubblico hip hop come ospiti indesiderati, o peggio, veri e propri virus.

Tom Morello per me, mi arrischio a dire per tanti di noi, rappresentava un modo di guardare alle cose e di intendere la vita e la musica. Ieri si è venduto a quel sistema che voleva combattere. E lo ha fatto nel modo peggiore possibile: facendo finta di non abiurare.

Ieri sera il rock è morto. Riposi in pace il rock.

P.s.
Il giusto contrappasso però c'è stato. Amadeus che magnificando e santificando i Måneskin di cui ha enumerato ossessivamemnte allori, successi e premi, si è completamente disinteressato di Morello, che non ha salutato e cui non ha fatto alcuna domanda. Intanto su tutti i giornali si spiegava chi fosse questo Morello che suonava con i grandi Måneskin. Che tristezza.


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