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Cooperazione & Relazioni internazionali

A debate con Marta Perez. In movimento per il diritto di cura

di Emanuela Borzacchiello

Diritto e cittadinanza. Stato penale versus Stato sociale. Da un’inclusione limitata a un’inclusione differenziale dei diritti. Questi i centri di interesse intorno cui ruota il mondo di ricerca e militanza politica di Marta Perez. Come antropologa sociale aveva scelto di focalizzare il suo campo di studio sulla rappresentazione delle persone migranti nei mezzi di comunicazione spagnoli. Poi la crisi economica irrompe scompaginando il contesto sociale. Se intorno tutto cambia in maniera drammatica, se la maggior parte dei tuoi amici perde il lavoro, se il tuo vicino viene sfrattato, se aumentano i costi per accedere al diritto di cura, come antropologa sociale decidi che la tua ricerca deve virare in un’altra direzione per scrutare cause ed effetti dei cambiamenti, e come persona senti la necessità di un impegno civile che non può più essere demandato solo ad altri.

Marta Perez: I limiti entro cui ci si deve muovere sono diventati più forti e contorti: la precarizzazione del lavoro ha ristretto spazi e possibilità per costruire una nuova cittadinanza. A più precarietà corrisponde maggiore vulnerabilità: se sei più ricattabile come lavoratrice hai meno margine di movimento come persona. Quando esci da casa o dall’ufficio ti appare ogni giorno più chiaro la trasformazione che il tuo paese sta vivendo: stiamo assistendo al passaggio da uno Stato sociale ad uno penale, il ruolo delle istituzioni è sempre meno di tutela dei diritti e sempre più di controllo. Un processo sottile, che agisce non con attacchi frontali e chiari, ma attraverso la sottrazione costante di diritti. Questa restrizione del campo dello stato di diritto ha effetti differenti a seconda delle varie classi sociali, ma oggi è un processo che coivolge tutti con alcune similitudini: precarizazionecontrollo, anche per chi ha la cittadinanza.

Emanuela Borzacchiello: Il diritto di acceso alla Sanità sta cambiando secondo un modello privatistico che sembra snaturare il precedente, basato su una sanità pubblica e universale.

M.P. Dopo l’entrata in vigore del famigerato Real Decreto sulla sanità (1 settembre 2012) i pazienti che fino al giorno prima andava dal suo medico di base, il giorno dopo non poteva più: un taglio secco al diritto di cura, gestito in un clima di disinformazione totale.

E.B. Il movimento de lxs indignadxs segna un punto di non ritorno, nel senso che da quando la gente ha occupato la piazza, questa modalità si è sempre più ampliata, assumendo forme differenti. I processi di partecipazione attiva sembrano essersi trasformati in prassi quotidiana. Uno dei temi più ascoltati è “ni un paso atras”, indietro, forse intentendo proprio che quando si apprendono e inventano determinate pratiche di cooperazione, non si può più tornare indietro. Una sorta di “occupazione permanente” ma in cui l’elemento fondante è la responsabilità individuale e nel contempo collettiva per la cura dei beni comuni.

M.P. Quando vivevo negli Stati Uniti assistevo dall’esterno a quello che si percepiva come un fenomeno potentissimo da un punto di vista estetico e simbolico: l’acampada – accampamento – in Plaza del Sol l’ho vissuta come qualcosa di unico e prezioso. Come cittadina mi sembrava una forma di protesta diversa, con tanta gente che tentava di costruire qualcosa. Passando dalle piazze in cui le varie anime del movimento si riunivano, in molti affermavano “stanno sempre discutendo, non hanno nessuna proposta politica”, ma io quando li osservavo non avevo questa impressione. C’erano molti gruppi, ciascuno con la propria proposta. Oggi grazie alla pratica di quelle modalità di lavoro e discussione, che dovevano essere messe a punto e che continuano ad esserlo, siamo passati da una modalità di lavoro in assemblea a una in rete: nel senso che ci sono molti gruppi, ciascuno si occupa di un tema specifico, in connessione fra di loro e radicato nel proprio quartiere. Ci sono dei momenti di incontro tra i vari gruppi, fondamentale per raccontarci e proporre. Questo è utile e non esisteva prima. Ora ci sembra come qualcosa di normale. Oggi anche se non fai parte del movimento de lxs indignadxs, lo incontri in tutti i luoghi.

E.B.: Un percorso di scambi costanti tra realtà diffenreti, che si muovono a partire da urgenzeesigenze. L’assemblea si trasforma in rete e la rete parte o raggiunge il quartiere.

M.P.: In molti quartieri continuano ad esserci assemblee all’area aperta, nelle piazze. Non ci sono più solo le assemblee giganti in Sol, ma sopratutto piccole assemblee nei quartieri, organizzate sempre in spazi pubblici.

E.B.: In generale non si riesce a nominare la nuove pratiche messe in campo dai movimenti.

M.P.: Iniziamo dall’incapacità dei mezzi di informazione generalista. Si continua a giocare sulle dichiaraioni tra quelle di Rajoi (primo ministro, Partido Popular, ndr) e quelle di Rubalcaba (seretario del Psoe, ndr), che continuano a rispondersi tra loro, parlarsi addosso. Come inserisci in questo scenario informativo i movimenti? come li descrivi? La maggior parte dei mezzi di informazione dato che non riescono a capirli o nominarli, decidono di ignorarli. Certo, hanno copertra informativa le manifestazioni organizzate da lxs indignadxs, ma non c’è capacità o volontà di analisi rispetto al contenuto che i movimenti portano in piazza. I movimenti sono sui giornali, ma solo come qualcosa di folcloristico: ci sono persone per strade, a volte scontri con la polizia, mai che si vada oltre questo. Manca l’analisi, e non so per quale ragioni: credo che ci sia stata molta piu copertura di quello che è successo per strada da parte della stampa straniera che di quella spagnola.

E.B.: Come pensi che gli altri paesi del sud Europa guardano a quello che succede in Spagna?

M.P.: Mi immagino due fenomeni: o l’empatia, “stiamo vivendo la stassa cosa” o, con più frequenza, la competizione verso il basso, “loro stanno peggio”.

E.B.: Condivido. Più di una volta quando ho intervistato medici o pazienti sul tema della sanità, la frase più frequente era “si, però in Italia la sanità è messa peggio perchè tutto il processo di esternalizzazione dei servizi, anticamera della privatizzazione, è iniziato molto prima”. Ma ritorniamo in piazza. Uno dei temi principali in questi due anni di movimentismo è stato Toma la plaza, prendi la piazza.

M.P.: Io non c’ero in quella famosa acampada de Plaza del Sol del 2011, però ora quando passo di lì mi ricordo com’era in quel periodo. Questo vuol dire che quegli eventi sono entrati già nella nostra esperienza storica, l’impatto di questa acquisizione è che quando ci sono delle altre grandi prese della piazza, questo non ci sembra più tanto strano. Il movimento de lxs indignadxs ha operato un cambio di rotta nella forma di militare e di occupare lo spazio pubblico. Non so se sia una modalità mutuata in maniera cosciente o meno dal movimento, però l’occupazione di un ospedale per difenderlo o uscire in piazza a raccontare quello che accade in un ambulatorio in cui sono stati tagliati troppi fondi, ora è stato reso possibile o piu possibile dal fatto che il 15 M (il 15 maggio è la sigla usata per riferirsi al movimento de gli indignati spagnolo, ndr) ha adottato questa pratica, l’ha declinata in larga scala, in qualche modo l’ha legittimata. Le assemblee per strada del personale sanitario: questo non si era mai visto prima. Il 15 M ha cambiato la forma di concepire lo spazio pubblico e la pratica assembleale.

E.B.: i temi principali oggi sono casa, sanità, educazione. Temi che riguardano tuttx, un tempo cardini del Welfare State e che oggi sono supportati – a volte letteralmente riscattati – dalla capacità di cittadinx di portarli al centro della politica istituzionale. Abbiamo assistito in questo periodo a modalità differenti di usare gli strumenti della politica istituzionale da parte dei movimenti. Nel caso de la Plataforma en defensa de la casa  è stato presentato al Congreso de los deputados una ILP, iniziativa di legge popolare, che introduce maggiori tutele. Permane, però, un inquietudine di fondo: si replicano le vecchie strutture di potere se continuiamo ad usarne gli strumenti? Altri gruppi invece hanno scelto la disobbedienza civile e usano modalità non istituzionali.

M.P.: Ogni gruppo agisce pragmaticamente seguendo una praxis che punta alla risoluzione di obiettivi specifici, capace di creare modalità nuove di azione partecipativa. La Plataforma en defensa de la casa vuole migliorare la legge e usa strumenti istituzionali la cui caratteristica principale è il coinvolgimeto popolare. Si punta sempre di più su referendum o iniziative di legge proposte e supportate dalla cittadinanza. La strategia di questi gruppi è confrontarsi con le istituzioni e offrire alle istituzioni stesse una soluzione valida e fattibile. La Plataforma con la sua equipe di avvocati – gente che gratuitamente mette a disposizione le proprie competenze – si è inventata lo strumento legislativo della dación en pago, e per ora ha vinto. Per i gruppi che si sono creati in difesa della sanità questo non è stato possibile, noi come Yo si sanidad universal non vogliamo cambiare il Real decreto, vogliamo che questo sia cancellato, quindi noi non negoziamo con le istituzioni. L’importante è sottolineare la diversità della lotta, perchè se si stabiliscono criteri categorici e rigidi, questa stessa rigidità dividerebbe i movimenti sociali invece di tenerli insieme.

E.B.:  In questi ultimi anni l’essere fluidi e flessibili ha sempre decretato la fine di un movimento. Oggi in Spagna sono queste stesse caratteristiche a garantirne l’efficacia e la lunga duranta. Si è creata una sorta di costellazione formata da gruppi plurali, ciascuno con il proprio tema. Una pluralità tenuta insieme da un unico obiettivo: la difesa dei beni comuni, contro la privatizzazione.

M.P.: E in più a questo c’è la capacità di far fluire le informazioni, di trasmettersi costantemente pratiche, esperienze, contatti, perchè tuttx siamo nella stessa rete. Non c’è un unico modo di scambiarsi informazioni, però tuttx siamo sempre informatx di quello che accade delle riunioni che si organizzano. Mailing list, persone che praticano la doppia militanza, che militano in due gruppi differenti e diventano loro stesse canali informativi, twitter, faceebok, blog e giornali on line in cui ci sono i link di gruppi affini. Non c’è un’assemblea unica, così come non c’è unico luogo di incontro. Non abbiamo un luogo dove si centralizza tutto.

E.B.: In questo fluire, uno degli elementi più interessanti è la capacità di organizzare azioni coordinate.

M.P.: Esatto. Uno degli obiettivi è esserci nei luoghi in cui si sta lottando contro la privatizzazione, con la consapevolezza che tuttx non possono fare tutto. Quindi, ad esempio, se c’è l’occupazione di un ospedale contro la privatizzazione, quelli che sono implicati in prima persona sono medicipersonalesanitarioutenti di quella stessa struttura. Noi come gruppo che si occupa delle difesa della sanità li appoggiamo, diffondendo informazione e partecipando ad alcuni presidi. Ma  senza disperdere energie. Il movimento è molto focalizzato su temi spacifici, ci crediamo molto in questa modalità. L’obiettivo a lungo termine: cancellare il real decreto. A medio termine: informaredenunciare. A breve termine:  garantire che tuttx, senza discriminazioni, abbiano accesso alle cure sanitarie. Bisogna avere obiettivi chiari. Io, ad esempio, quando vado all’occupazione dell’ospedale per appoggiarlo, mi faccio raccontare come si stanno organizzando e io gli passo quello che stiamo facendo noi. Non possiamo essere tutti in tutto, per esempio se per scrivere un comunicato ci siamo tutti arriviamo a un consenso minimo che svuota di senso politico quello che stiamo facendo. Tutti in tutto no, tutti in uno si.

E.B.: In questi due anni i movimenti hanno operato un cambiamento nella percezione comune di alcuni concetti. Parole come “disobbedienza” o “occupazione” erano percepite come sovversive. Oggi persone che non avevano mai pensato di partecipare ad una manifestazione o occupare un ospedale sono in quegli spazi e parlano di disobbedienza civile.

M.P.: Siamo partite da un’idea principale che si trasforma costantemente in pratica: la disobbedienza civile. Il real decreto non è giusto e non lo rispettiamo. Non perchè non ci piace rispettare la legge, ma perchè pensiamo che ci sia un’altra legge superiore al Real decreto. In Spagna esiste la legge Real de Sanidad che riconosce l’assistenza sanitaria a tutte le persone residenti. Questa è in vigore e viene prima del Real decreto. È una disobbedienza civile per la difesa di leggi che già esistono, contro delle riforme che ne snaturano il contenuto. Estan pasando cosas tan fuerte che la disobbedienza è la forma di opposizione, continuando però sempre a costruire.

E.B.: Un esempio di come declinare nella pratica quotidiana i concetti di sanità universale e gratuita sono i “gruppi di accompagnamento”: gruppi di appoggio costituiti da persone che conoscono bene il real decreto, che spesso lavorano o hanno lavorato in strutture sanitarie, e accompagnano dal medico di base utenti che non hanno più diritto a prestazioni sanitarie all’interno delle strutture pubbliche a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa. Il gruppo fa da filtro tra il paziente e il medico, negoziando rispetto alle possibilità di poter prestare ugualmente il sevizio.

M.P.: Il nostro gruppo nasce da un fracaso, quando il Real decreto era già stato approvato. La costruzione del nostro gruppo e delle nostre proposte nascono in opposizione all’immobilismo. Decidiamo di agire politicamente. Opponersi costruendo. Se una legge già è in vigore è necessario actuar affinchè la legge non si attui. L’idea della disobbedienza civile è annullare il decreto “tirandolo” dal basso: se nessuno lo attua, alla fine la legge cade per il peso della sua stessa incoerenza.

E.B.: Insomma è sempre valido il concetto per cui una legge non può essere indifferente rispetto al suo contenuto…..

M.P.: Assulotamente si. In più è necessaria una risignificazione di alcune parole. Continua ad essere problematico usare la parola cittadinei, perchè continuano – ad esempio – ad essere escluse le persone migranti. La “cittadinanza” così come è prevista dallo stato spagnolo rimane escludente dal punto di vista normativo. Nella pratica preferisco usare vicinoa e non cittadinoa. Come ricercatrice concepisco il concetto come qualcosa di dinamico, aperto, lo costruiamo sempre con la nostra pratica. Nell’esercitare o rivendicare diritti vamos construyendo cittadinanza e apriamo spazi cittadini per una comunità politica più includente. Estendere il concetto di cittadinanza è estendere la comunità politica, quando ci opponiamo a un decreto o all’espropriazione di una casa in quel momento è la pratica stessa che ci rende tuttx cittadinx. La cittadinanza non è una cosa quieta, si costruisce attraverso lotte.

E.B.: è facile proclamare in una piazza che si vuole una sanità pubblica e universale per tuttx, ma è difficile mettere a tema questi concetti, riempirli di contenuto. Il pubblico può essere declinato in tanti modi, come deve essere il pubblico, come renderlo sostenibile, cosa si intende per universale…

M.P.: Non credo che dobbiamo costruire concetti e contenuti giocando per opposizioni o essendo “contro”, ma unire quello che avevamo prima alle esigenze del contesto contemporaneo. Ultimo punto che voglio sottolineare: ci sono molti tentativi di introdurre nel nostro quotidiano un linguaggio apolitico. Per esempio in Castilla-La Mancha le istituzioni stanno proibendo di usare il termine sfratto. Bisogna ri-costruire la forza di un linguaggio politico

@emanuelaBor


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