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Cooperazione & Relazioni internazionali

Contro la violenza, una storia di donne. 25 novembre

di Emanuela Borzacchiello

25 novembre: giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Dal Messico, il paese in cui è nato il termine femminicidio, vi raccontiamo una storia di donne. Una storia di solidarietà e spirito di accoglienza, una forza che riesce a trasformare uno scenario quotidiano di discriminazione e violenza.

Esiste un villaggio nel nord del Messico, Stato di Veracruz, che si chiama Guadalupe. Nel villaggio esiste un gruppo di donne, chiamate da tutti Las Patronas, che quest’anno sono state insignite del più importante dei riconoscimenti: il premio nazionale per la difesa dei diritti umani.

Guadalupe in poco più di 15 anni si è trasformata nella Lampedusa latinoamericana. Un villaggio piccolo ma punto nevralgico della migrazione tra America Centrale e Stati Uniti. Una storia già ascoltata, immagini già viste: in migliaia cercano di varcare la frontiera tra Usa e Messico. Più della metà muore prima di arrivare. A Guadalupe non ci sono barche, ma treni. Anche nei treni, però, si può affondare. In vagoni, sempre troppo pieni, si muore per mancanza di acqua, di cibo o solo di aria. I corpi di quelli che non ce la fanno vengono lanciati fuori, in volo. I contadini se li ritrovano nei campi, così come i pescatori nel mare. I migranti che resistono, tra una stazione e l’altra, tendono dai vagoni mani e bocche fuori, in cerca di qualsiasi cosa possa ricordare un gesto di umanità.

Jeremías ha solo 18 anni. Da otto mesi ha lasciato l’Honduras e da non si ricorda più quanti km cerca di varcare la frontiera. “All’inizio tutto è andato bene. I problemi sono iniziati quando ho iniziato a finire il denaro che avevo con me, e a quel punto ho dovuto prendere il famoso treno che i migranti chiamano La Bestia, per arrivare sempre più a nord, fino allo stato di Veracruz. Dopo due giorni senza mangiare, sono sceso dal treno e ho iniziato a chiedere chi poteva aiutarmi, ed è stato allora che per la prima volta ho incontrato le mie Patronas”.

“Perdona, ma dacci cibo perchè abbiamo fame”

Doña Leónida Vázquez, ha 75 anni e la chiamano La Patrona Abuela, La Patrona nonna, e si ricorda chiaramente quel’è stato l’inizio di tutta la storia.  “Un giorno ho mandato le mie figlie a comprare del pane. Ritornando a casa videro un treno carico di migranti. Venivano da Guatemala, Honduras, Nicaragua. Le mie ragazze si fermarono davanti a quei vagoni e fu allora che quegli uomini iniziarono a chiedere pane. Quando ritornarono a casa, non avevano il pane e domandai il perchè. Mi risposero che sul treno c’era molta gente, che le supplicava per un po’ di cibo. In queto momento le ho abbracciate forte e gli dissi che andava bene così. E questo è stato l’inizio, il primo gesto delle Patronas”.

Da quel giorno sono passati 18 anni e La Bestia è passato sempre più carico da Gadalupe. Carico di storie di persone che durante il viaggio verso nord vengono derubate, violate, assassinate, sequestrate, reclutate con forza dai cartelli del narcotraffico, ricattate da parte delle stesse autorità.

Las Patronas si sono organizzate.  “Quando eravamo piccole lo chiamavamo il teno delle mosche, perchè vedevamo un sacco di persone attaccate a los fierros del treno”, ricorda Bernarda, che oggi ha 48 anni. La maggiore di quattro sorelle, Clementina, Rosa e Norma Romero, tutte casalinghe, le prime che con altre 12 costituirono il primo gruppo di aiuto il cui lavoro quotidiano era preparare cibo e distribuirlo lungo i binari del treno o lanciandolo, preparato in sacchetti, direttamenti sui vagoni in corsa. “In questi anni abbiamo cambiato la nostra azione a seconda delle necessità che ci si presentavano” Norma Romero, 41 anni, lider del gruppo, “ Abbiamo iniziato nel 1995 a preparare cibo per i migranti che passavano da qui. Poi visto che l’emergenza umanitaria cresceva sempre di più, abbiamo iniziato a seguire laboratori sui diritti umani, corsi per capire come relazionarci con le istituzioni competenti, con le istituzioni che avrebbero da sempre dovuto occuparsi di questo. Ma sopratutto abbiamo iniziato a chiedere aiuti perchè dovevamo continuare a comprare cibo”.

La testimonianza di Doña-Julia. La sua voce, dal vivo

Las Patronas hanno fondato un’associazione, ricevuto donazioni da università, commercio locale, fondazioni internazionali. Oggi, uno dei risultati più visibili del loro lavoro è un piccolo albergo costruito a pochi metri dalla loro grande cucina comunitaria, un primo alloggio di emergenza per tutti i migranti che ne hanno bisogno. La loro storia è diventata famosa e le donne veracruzane sono riuscite a costruire un progetto sempre più grande. “Alcuni, però, dicono che stiamo guadagnando con quello che facciamo, ma noi non guadagnamo con denaro, ma con donazioni di fondazioni che sostengono il nostro lavoro, ci danno soldi che noi semplicemente amministriamo. Apriamo sempre la porta a tutti quelli che vogliono conoscere il nostro lavoro, per spiegare cosa facciamo e mostrarne i risultati”.

“Ti supplico, aiutaci!”

è mezza notte. “Una donna centroamericana bussa alla porta di casa per chiedermi aiuto, in ginocchio. Mi dice che c’è un ragazzo per strada molto malato” . Senza pensare alle conseguenze legali (alla fine degli anni novanta in Messico era considerato un reato prestare soccorso alle persone migranti, poi grazie alla mobilitazione di associazioni e semplici cittadini, la legge è stata cambiata), Norma prende il furgone e si dirige verso la strada che porta ai treni.

“Quando ho visto il treno carico di più di 500 persone ho provato paura. Molti iniziano a ascendere dal treno e circondano il mio furgone. In quel momento non capivo se volessero rubarmi qualcosa o picchiarmi. Ma quello che cercavano era solo aiuto.  Mi domandavano aiuto. Vedere quella donna che si inginocchiava davanti la porta di casa non potrò più dimenticarlo. Io credo che inginocchiarsi uno dovrebbe farlo solo davanti a Dio, e invece queste persone sono costrette dalla disperazione a supplicare per ricevere aiuto”.

Da queste storie, nascono Las Patrona. Per chi volesse vederle e ascoltarle, vi consigliamo il video: video Las Patronas


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