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Ritorni alla terra che fan rinascere comunità: la storia del laboratorio rurale Luna

di Serena Carta

Salento, campagne tra Galàtone e Seclì.

“Ti guardo e mi sembri speciale. Sei il posto dove i pensieri diventano leggeri. Ti blocco in un’immagine e ti porto via con me per guardarti da lontano. Se c’è un Eden in terra, ho trovato il mio a Luna.”

A una trentina di km da Lecce, sorge il laboratorio rurale Luna, luna come la contrada, un sogno diventato realtà nella vita di Fabiana, Federica, Rossella, Arianna e Barbara. 5 donne innamorate della Puglia che, determinate come la Lisistrata di Aristofane e ispirate dalla lotta dell’eroina greca verso l’emancipazione femminile, vogliono tornare nei campi, fare rivivere quella terra abbandonata per tanto tempo, considerata poco nobile, per trasformarla in simbolo di cambiamento, resistenza e restanza. “Al Sud non abbiamo le industrie, ma la terra. C’è il cibo sano e genuino, c’è il vivere bene, ci sono le antiche tradizioni da recuperare. Noi vogliamo tornare a fare le contadine, imparando sì dal passato, ma anche innovando questa professione per adattarla alla realtà di oggi” spiega Barbara, una laurea in Scienze della comunicazione ottenuta tra Lecce e Roma e una carriera di lavoro romana.

Sia lei che Fabiana, tornata in Puglia dopo 15 anni in giro per l’Italia e il mondo, qualche anno fa hanno partecipato al programma regionale Ritorno al futuro, un vero e proprio “contratto etico” con il quale si sono prese la responsabilità di studiare fuori e riportare quello che avevano imparato in Puglia. “Quella è stata la prima volta in cui ho preso seriamente in considerazione l’idea di tornare a casa” racconta Fabiana “e so che in tanti, firmando quel patto, abbiamo pensato che riuscire a onorarlo era in fondo quello che più avremmo desiderato”.

Luna ha quindi rappresentato l’occasione per ricominciare: un casale abbandonato da un decennio, negli anni Novanta abitato da una comunità diurna per tossicodipendenti, oggi la sede perfetta per seminare nuovi progetti. Agricoli, innanzitutto: dopo aver ripulito e sistemato campi e serre, le 5 giovani si sono sperimentate nella coltivazione di canapa e di erbe aromatiche, di grano saraceno e di pomodori d’inverno, di zafferano e topinambur. Sensibili al recupero delle colture locali, hanno fatto i primi innesti con l’albicocca di Galàtone, originaria di questa zona (anche presidio Slow Food) che nessuno però produce più in maniera consistente: i primi alberi sono stati piantati la scorsa estate e tra tre anni si potranno assaggiarne i frutti. Grazie a una borsa dell’Istituto agronomico mediterraneo di Bari per la valorizzazione dei prodotti tradizionali, si sono anche dedicate alla trasformazione della paparina (la pianta del papavero comune) per scopi alimentari, riproponendo ricette salentine di una volta.

Il laboratorio rurale è poi animazione sul territorio e formazione: periodicamente si organizzano presentazioni di libri, laboratori di cucina, di ecobiocosmesi o di intreccio del giunco… La campagna di Luna accoglie e condivide, crea comunità e relazioni tra generazioni, interseca reti con altre associazioni. Vuole essere un punto di riferimento in quella zona del Salento meridionale, per il tempo libero ma anche per chi lavora. Per questo le 5 donne vorrebbero che una parte del casale diventasse un coworking rurale (“per non rinunciare alla bellezza del paesaggio che ci circonda, anche dalla postazione al pc!”), un agrinido dedicato alle mamme professioniste e una casa dei mestieri in cui dedicarsi all’artigianato innovativo: “Un rifugio per quei giovani artisti che hanno scelto le pratiche artigianali dimenticate e un luogo d’incontro e scambio con chi quelle pratiche non le ha mai abbandonate”.

La sostenibilità di Luna, oggi, dipende principalmente dal lavoro volontario. Dalla ristrutturazione dell’edificio e la restaurazione dei mobili, alla sistemazione dei campi, alla semina e alla raccolta, Luna può contare su mani e braccia di tante persone che, spontaneamente, stanno aiutando le 5 fondatrici a dare nuova vita al casale. “Siete come figlie per noi, vi abbiamo derubato del lavoro e dell’ambiente, cosa possiamo darvi di più se non un aiuto concreto?” ha detto un giorno uno dei volontari; mentre il Consiglio comunale ha dimostrato il suo appoggio devolvendo il gettone di presenza al progetto. Cosa crea così tanta curiosità intorno a Luna? “Il fatto che sia un progetto al femminile e che ci sia il sogno del ritorno alla terra e della valorizzazione delle colture locali – rispondono Barbara e Fabiana – Ma anche che si prenda in gestione un bene comune gestito a lungo da un prete molto amato, restituendolo alla comunità. Insomma, stiamo ridando vita a un posto che è sempre stato pubblico e finanziato da soldi pubblici”.

Segui il laboratorio rurale Luna su Facebook Guarda il video di presentazione realizzato in occasione del crowdfunding


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