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A Solero le buone pratiche dell’agricoltura come esempio di integrazione

di Paolo Iabichino

Quando un mattino Mauro Valdinoci, dipendente di European Research Institute, si reca all’orto di Solero, nell’area dove il giorno prima erano stati piantati i cetrioli sotto la supervisione del formatore e docente Davide Lo Bue vede una cosa nuova: un’impalcatura di canne e legno, una struttura alta, regolare e inattesa.
A costruirla Dipto e altri due ragazzi bengalesi spiegando che “in Bangladesh li sistemiamo così perché poi le piante seguono queste guide e ti trovi i frutti ad altezza viso, ben separati gli uni dagli altri, senza doverti piegare fino a terra a cercarli in mezzo alle foglie”.
Nasce quindi il primo scambio di competenze reciproche all’interno del progetto “rAccogliamo” un ottimo esempio di agricoltura bio solidale, integrazione e confronto continuo.

Solero è un paesino, meno di 1700 abitanti nella pianura vicino Alessandria gelata d’inverno e cotta dalla calura in estate. Ma la terra è buona, buoni sono i frutti.

Solero vuole mantenersi vivo per non rassegnarsi all’inedia che, spesso, coglie i centri di campagna colpiti da un’emorragia demografica che non conosce sosta; a dimostrarlo la lungimiranza dell’amministrazione, la vivacità dell’associazione “Amici di Solero – Carlo Guasco”, l’apertura della parrocchia di San Perpetuo e tutti i partner del progetto di agricoltura bio-sociale finanziato dalla fondazione SociAL.

rAccogliamo inizia a prendere forma nel 2017 quando Iskender Forioso, presidente di European Research Institute, sviluppa l’idea pensando di unire la tutela dello svantaggio e della vulnerabilità, l’amore per la natura, la salvaguardia dell’ambiente con un altro aspetto: superare la dicotomia “noi-loro” che nella comunicazione imperante contrappone la massa di disperati che dai paesi del Terzo Mondo sbarcano in Italia alla fetta di popolazione nostrana in condizione di difficoltà economica e lavorativa. Si voleva, in qualche modo, disinnescare la guerra fra poveri.

L’amministrazione comunale di Solero ha così deciso di mettere a disposizione un terreno incolto utile a formare, secondo le più recenti e innovative pratiche di agricoltura biologica, un gruppo composto da migranti e italiani “neet” cioè residenti locali privi di occupazione e non impegnati in percorsi scolastici od orientativi. Al termine della prima fase progettuale, quando si è trattato di procedere con i lavori veri e propri, degli italiani non v’era traccia spiegando che l’unico motivo per cui avevano partecipato sino a quel momento era quello di ottenere un posto di lavoro ma non erano interessati a un corso di formazione professionale del tutto gratuito con un terreno dove metterlo in pratica, la strumentazione e il tutoraggio.

“rAccogliamo” quindi ha preso vita con cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale provenienti da vari paesi dell’Africa e dell’Asia ed è stato, da subito, un successo grazie al coinvolgimento dei partner che hanno fatto rete sul territorio, alle tecniche utilizzate per ottenere prodotti biologici di alta qualità, agli agricoltori dei dintorni che si sono avvicinati per confrontarsi con i formatori e con gli stessi ragazzi scambiando esperienze e instaurando quel percorso di integrazione sociale che rappresentava uno degli obiettivi primari dell’attività.

Il Comune, la parrocchia e l’associazione di volontariato hanno supportato con piena convinzione le azioni rivitalizzando un pezzo di paese.

A Solero si trovano l’orto in cui si svolgono le attività formative e produttive, l’apiario e i laboratori di smielatura. Nei prossimi mesi sarà avviato il laboratorio di trasformazione degli ortaggi per avere sughi di pomodoro, melanzane e peperoni sott’olio senza dimenticare la produzione del miele.

Dice Azik, un ragazzo ghanese arrivato in Italia senza speranze, spaventato e introverso dopo essere partito dal proprio paese d’origine adolescente e aver perso il papà nel deserto: “Non riuscivo a parlare con nessuno e avevo paura di tutto, qui ho trovato una nuova vita, anzi una vita. E anche un mestiere che non avrei mai immaginato e che è bellissimo” oppure Youssuf che racconta “Raccolgo le uova e pulisco le casette delle galline come facevo nel mio paese; lo so fare bene, quindi mi sento motivato, mi sento utile”.

Lo sviluppo del progetto legato ai percorsi di autoimprenditorialità non è ancora sbocciato ma ci sono progressi anche in questa direzione mentre le attività hanno ottenuto un successo pienissimo a livello occupazionale perché l’alta formazione alla quale i ragazzi hanno partecipato unita alle loro capacità ha fatto sì che molti di loro fossero chiamati da varie aziende agricole del territorio che li riconoscono come risorse estremamente valide generando un ricambio nel gruppo di lavoro impegnato sul campo.

La coltivazione di frutta e verdura segue la stagionalità praticando la rotazione delle colture e la consociazione degli ortaggi “proprio per realizzare la nostra idea di agricoltura attenta all’aspetto sociale, alla tutela della natura e della qualità delle materie prime, non utilizziamo prodotti di sintesi né OGM”, spiega Iskender Forioso, usiamo la tecnica della pacciamatura, per fertilizzare utilizziamo humus di lombrico di nostra produzione e per trattare e contrastare malattie e parassiti il classico verderame e composti naturali come un macerato di aglio, ortica e peperoncino”.

I ragazzi di rAccogliamo vi aspettano direttamente all’orto in via Orti Piani a Solero oppure presso il laboratorio in Via Conte Cristiani un modo non solo per fare acquisti consapevoli ma, anche, per imparare a conoscere l’altro senza barriere.

Storia raccolta da Alessandro Salvatico e Luana Garofalo


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