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Nonni, carcere e riforme

di Elisabetta Ponzone

Che giornata ieri. Giovedì 3 febbraio 2022. Milano chiama Roma e ritorno.

Mentre un insolito vento a Milano accarezzava le nostre lacrime per l’ultimo saluto all’amico Rubens, Roma si preparava ad accogliere le parole di pacificazione nazionale del presidente Mattarella. Una nuova chiamata alla responsabilità. Per la pace, la giustizia e la dignità, contro disuguaglianze e retoriche.

Nel carcere di Milano-Opera agenti e detenuti hanno le idee chiare. «Il Colle sta con i cittadini. Il Presidente è dalla nostra parte – affermano Davide, Alberto, Giampaolo, Eduard, Giuseppe e gli agenti – È l’unico che ha capito in quale situazione stiamo vivendo. I parlamentari invece che applaudire avrebbero dovuto prendere appunti perché quell’Italia lì, quella del suo discorso, è un’Italia che non avremo mai con loro. Avrebbero dovuto cercare di capire il richiamo all’ordine e, forse, anche scusarsi perché la loro incapacità ha costretto un uomo di 80 anni a continuare a lavorare».

«Basta ritardi e incertezze sulle urgenze del Paese». Ha evidenziato Mattarella. «Le riforme si possono fare, come quella della giustizia, ma bisogna metterle in agenda». Il sovraffollamento delle carceri e il reinserimento sociale dei detenuti non sono gli unici problemi. Bisogna avere il coraggio di innovare, di portare futuro, ma anche di farsi carico delle criticità che vivono gli agenti penitenziari.

«Delle volte ho difficoltà a dormire per quello che vedo». Aveva raccontato al congresso di Nessuno tocchi Caino nel carcere di Milano-Opera, Bernardo Petralia, il capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ieri ha annunciato le sue dimissioni, con un anno di anticipo, spiegando il suo desiderio di dedicarsi alla famiglia: «Ho 69 anni (e non 80 come Mattarella! Ndr), mi è nata una nipotina, sono nonno». Significativa la sua ultima intervista rilasciata a Repubblica, dove sottolineava di aver finalmente compreso le parole che gli disse suo suocero penalista, ovvero che sarebbe utile che ogni toga vivesse per qualche settimana la vita del carcere.

Chi il carcere lo conosce, capisce questa verità. Capisce che non ci sono solo bravi o cattivi, o solo cose giuste o sbagliate. Il carcere è una società nella società. E per cambiarla, bisogna conoscerla.

Ieri, mentre Mario Draghi accoglieva Sergio Mattarella all’altare della Patria per rendere omaggio al Milite Ignoto, un cimitero distante e più intimo abbracciava il nostro amico. Che la nuova vita ti sia leggera caro Rubens.


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