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Alètalia

di Marco Sessa

Forse quello che sto per scrivere avrà un sapore passito dalle tinte nostalgiche, eppure dovrebbero essere pensieri ‘sempre verdi’ senza età, ma di questi tempi si fa molto fatica a dirlo.

Io voglio bene all’Italia. E tanto. Le voglio bene per tutto ciò che è l’opposto dell’attualità. Per quello che significa Patria: appartenenza, storia, persone, luoghie lingua. Qualche giorno fa, il 2 giugno, abbiamo festeggiato la festa della Repubblica. Tra qualche giorno l’Italia giocherà la sua prima partita ai Mondiali in Brasile , ed in mezzo a questi due eventi stiamo raffinando la cessione di Alitalia alla compagnia saudita Etihad.

Nel 1982 ho passato 9 mesi in un ospedale a Kurgan, paese di circa 16.000 abitanti sperduto in Siberia, Russia. Allora si chiamava URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) e come segretario del PCUS c’era Breznev. Nessuno parlava italiano. C’erano solo un paio di persone che ci ‘accompagnavano’ che conoscevano un pochino di inglese. Erano agenti del KGB. Avevo 14 anni ed ero con mia madre ed un altro piccolo gruppo di genitori e figli italiani. Per avere notizie si dovevano aspettare le lettere che arrivavano nelle buste di velina con le striscette verdi e rosse per indicare la spedizione aerea, oppure pacchi dall’Italia pieni di giornali, riviste e ancora lettere. Sembra una altra epoca.

Dopo 9 mesi la prima cosa che mi ha parlato d’Italia è stato il logo della nostra compagnia aerea sul timone del DC 10 MOSCA MILANO dell’Alitalia. Tutto l’equipaggio parlava italiano, erano gentilissimi. L’ambiente pulito, fresco ed elegante. Ero a Casa! Quella era Italia. Casa nostra!

E’ bella casa nostra, è bella l’Italia. ricordiamocelo prima che ce la portino tutta via! Ricordiamocelo prima di Tutto.


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