Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Economia & Impresa sociale 

Matteo, non dimenticare le tue origini. Senza meritocrazia scolastica, l’ascensore sociale si blocca.

di Marcello Esposito

Un’altra perla nella riforma della PA: leggendo le relazioni riportate sulla stampa sembra che sia scomparso il voto minimo di laurea per accedere alle selezioni pubbliche. Invece, novità delle novità, viene introdotto l’inglese ! Da Marianna tutto sommato me lo sarei aspettato. Ma Matteo, proprio tu con l’inglese? E soprattutto, proprio tu che a parole ci hai sempre parlato dell’importanza di riaffermare il valore della meritocrazia. La delegittimazione del voto di laurea è un altro colpo mortale alla meritocrazia e alla mobilità sociale in un paese, l’Italia, che sta morendo di nepotismo e clientelismo. Già il voto di maturità è stato declassato a favore dei quiz per l’ammissione alle Università Statali più prestigiose e più richieste. Adesso tocca all’università non contare più nulla. Il colmo è che questo accade per volere della stessa Pubblica Amministrazione! Matteo, spiegami però una cosa. Tu, a differenza di Marianna, sei cresciuto nella provincia italiana e non vieni dall’aristocrazia o dall’alta borghesia. A scuola sarai sicuramente stato insieme a figli di operai, piccoli commercianti e impiegati. Saprai perfettamente che i figli dei lavoratori che vogliono farsi strada hanno una sola possibilità: lavorare sodo a scuola, cercare di prendere i voti più alti e con immensi sacrifici arrivare alla laurea. Una società giusta dovrebbe consentire alla scuola e all’università di fare da “ascensore sociale”. Se è la stessa Pubblica Amministrazione a non dare valore ai sacrifici scolastici, mi sai dire che razza di idea di società hai in mente? E cosa dovrebbe sostituire la scuola come ascensore sociale: un quiz? O la conoscenza della lingua inglese? Per carità le lingue bisogna conoscerle. Magari se si fa il Sindaco di una città turistica come Firenze o il Premier non è necessario. Ma, se si è ingegneri e bisogna costruire un ponte sulla Salerno-Reggio Calabria, è meglio avere un inglese fluente o essere laureati a pieni voti? Facciamo comunque finta che non ci importi nulla di come vengono costruiti i ponti o amministrati i Comuni, potremmo essere interessati, noi progressisti, al problema della inclusione sociale. Come è stato discusso al Festival di Trento, il requisito della “conoscenza della lingua inglese” è diventato, insieme alla progressiva eliminazione del valore dei voti scolastici, un segno della decadenza italiana perchè testimonianza di un carattere sempre meno inclusivo della nostra società. La “conoscenza della lingua inglese” è infatti una discriminazione a favore delle elite e dei loro rampolli. Puoi avere un QI modesto o essere un gran lavativo a scuola, ma parlare un perfetto inglese. Basta crescere con una tata madrelingua o che il papi ti paghi le (tante)vacanze-(poco)studio in Inghilterra o in qualche college americano che accoglie altri scansafatiche con i portafogli gonfi. Se invece cresci in una delle 5 milioni di famiglie povere italiane, puoi anche essere un piccolo genio e avere tutti otto in pagella, ma le vacanze in Inghilterra le vedi nel binocolo.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA