Economia & Impresa sociale 

Toc toc … qualcuno si è accorto che stiamo entrando in guerra?

di Marcello Esposito

Mentre si discute di filo spinato e di Schengen, sembra che nessuno stia prendendo sul serio l’ipotesi che l’Italia entri in guerra. E’ vero che adesso le guerre si chiamano missioni di pace (in realtà, le chiamavano così anche gli antichi romani), ma l’Italia si appresta a guidare il contingente militare che affiancherà il nuovo governo libico nella lotta all’ISIS. E che sia guerra ci sono pochi dubbi. E’ notizia di oggi che i militari italiani avranno la licenza di uccidere e non potranno essere incriminati per crimini commessi sul territorio libico. In linea di principio, non sono di quelli che obiettano per partito preso all’uso delle armi. A differenza di molti lettori della nostra rivista e di molte persone che siedono in Parlamento o al governo, ho fatto il militare e non sono pentito. Mi lascia però un pò perplesso il modo in cui l’Italia si sta avvicinando all’intervento militare. Sarei più sereno se fosse assolutamente chiaro cosa si va a fare in Libia, quale è l’obiettivo finale e quale è il piano B se, come sempre accade in guerra, le cose non dovessero andare per il verso giusto. Ma non ho sentito un dibattito. Mi piacerebbe anche capire per quale motivo la guida sia stata affidata all’Italia. In guerra preferirei che le operazioni venissero guidate da chi è più competente e da chi ha la maggiore potenza di fuoco. Nessuno crede che in un teatro di guerra il Pentagono affidi ad un generale estero, figuriamoci se italiano, le proprie portaerei e la vita dei propri marines. Quindi, in cosa consiste esattamente il ruolo di guida dell’Italia? Saremo in grado di bloccare i bombardamenti di civili anche a costo di sacrificare la vita di militari italiano o statunitensi? Impedire tecniche avanzate di interrogatorio? Forse, l’intelligence ha raccolto prove certe che in Libia è necessario effettuare solo una ruvida operazione di pulizia. Forse, l’ISIS è solo una banda di delinquenti armati di bazooka e kalashnikov. Ma un pò di memoria storica non guasterebbe, almeno per essere pronti al piano B. Quello di una guerriglia vera e propria. E non mi riferisco solo alle esperienze storiche che il nostro esercito ha fatto in Africa. Ma anche a tutte le missioni di pace che sarebbero dovute durare qualche giorno e che dopo anni sono ancora lì a marcire. E allora l’opinione pubblica italiana avrà lo stomaco per sopportare tutto quello che una guerra vera si porta dietro? Morti tra i civili libici e tra i militari italiani, attacchi terroristici sul suolo italiano, tecniche avanzate di interrogatorio (le chiamano così al Pentagono?) … Forse, potremo vivere un momento Falklands. Forse. Ma non facciamoci illudere dai fazzoletti sventolati da bambini e donne in festa il primo giorno. Una guerra è una cosa sporca, sempre. E sarebbe bene che in Italia se ne discutesse ampiamente e diffusamente prima di entrare in un processo irreversibile.


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