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Coesione di contorno

di Flaviano Zandonai

È iniziata oggi a Lecce l’edizione 2013 di Artlab, il più importante evento nazionale dedicato al management culturale. Sollecitato dal mio direttore ripropongo un intervento apparso sul magazine Vita qualche numero fa. Tema assegnatomi: il ruolo della cultura per la coesione sociale. Buona lettura e per chi vorrà esserci appuntamento a domani in una delle (tante) sessioni di Artlab.

Se, contraddicendo l’ex ministro Giulio Tremonti, con la cultura ci si può mangiare, allora la coesione sociale quale posto occupa nel menù? Un antipasto qualsiasi? O peggio, un banale sorbetto che intervalla i piatti forti rappresentati dall’occupazione e dallo sviluppo economico? Eppure, se si traguardano i manifesti e le parole d’ordine e ci si concentra sulle esperienze emerge che la coesione sociale viene individuata in modo sempre più esplicito come driver della produzione culturale. Traspare bene, ad esempio, nel “Mercuzio non vuole morire” che La Compagnia della Fortezza di Volterra – vero e proprio caso di impresa culturale in ambito carcerario – ha messo in scena lo scorso anno coinvolgendo le comunità locali nella sua rilettura di Shakespeare grazie a un paziente lavoro sul territorio. Oppure – letteralmente su tutt’altro fronte – la rete Trentino grande guerra che in vista del centenario del primo conflitto mondiale ha messo insieme intorno alla struttura museale di Rovereto, altri cento soggetti tra istituzioni e associazioni del territorio, tra cui micro musei avviati da appassionati volontari che hanno raccolto e messo a disposizione materiale bellico direttamente nei siti delle principali battaglie. E ancora, Liberos, il vincitore di Che Fare – la miglior competizione sull’innovazione sociale dell’anno – genera coesione costruendo una filiera locale della lettura: case editrici, scrittori, festival, biblioteche e naturalmente la comunità dei lettori. Con l’intento, reso in termini molto espliciti, di dar vita a un nuovo motore di sviluppo del territorio. Infine, ma non per ultimo, come considerare, se non coesione sociale, il film festival “La Guarimba” di Amantea in Calabria che riattiva un cinema all’aperto abbandonato per farci un film festival di corti che riporta “il cinema alla gente e la gente al cinema”? Storia contemporanea, teatro, letteratura, cinema: cosa accomuna queste esperienze? In primo luogo non c’è un soggetto esterno, un’agenzia, che coordina l’azione collettiva perché quest’ultima è generata grazie all’attivazione di un nodo della rete che possiede competenze, visione strategica e volontà di cooperare. In questo modo la coesione è strettamente legata a “un’intrapresa” dove la dimensione di contenuto e di senso viene fortemente presidiata e rigenerata in corso d’opera. In secondo luogo esiste un chiaro elemento di identificazione con “il territorio”, mettendo in luce una vocazione specifica che fa da catalizzatore per altri elementi, ad esempio le economie esterne dell’indotto turistico. Ma il tutto a partire da una marcatura che va oltre il marketing territoriale standard che ormai rende insistinguibile un contesto da un altro. Infine, si tratta di iniziative dove il valore prodotto è autenticamente condiviso nella misura in cui viene però rendicontato in modo efficace. Senza accountability il rischio è che il valore si disperda e ai promotori non venga riconosciuto il contributo alla generazione di coesione. Derubricando così questa importante risorsa a una mera esternalità che se c’è bene, ma se manca non è un dramma. Un piatto secondario insomma.


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