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Qui Padova antidoto all’acromegalia

di Flaviano Zandonai

In un recente (e felice) post estivo il mitico Giorgio Soffiato metteve in guardia dall’acromegalia, una malattia che provoca un un eccesso di crescita, ma anche la perdita della vista. Pare ne soffrisse Golia e, forse anche per questo motivo, sappiamo bene come è andata a finire con Davide. Lo stesso, secondo Soffiato, rischia di succedere a molte grandi imprese tradizionali “amazonizate” (leggi spiazzate) dai big della net economy come, appunto, Amazon, ma anche Uber per il trasporto pubblico, Tesla per le auto, ecc. Le PMI invece potrebbero giocare la parte di Davide, a patto però di costruire legami solidi e di significato con aziende innovative (le famose startup) che consentano di sfruttare i margini dell’economia del web. Qualcosa, ancora poco in realtà, si sta muovendo sul fronte dell’artigianato, ma un campo altrettanto promettente è quello dell’economia sociale. Le imprese sociali, infatti, possono intercettare fenomenologie emergenti di sharing economy, sia come terminale offline per la fornitura di beni e di servizi, sia come modello imprenditoriale in grado di governare questi nuovi flussi di socialità.

Come diventare grandi è un tema di strettissima attualità anche per il nonprofit. Un settore che da un lato cresce polverizzandosi in una miriade di iniziative che faticano a generare la massa critica per passare – come auspica il presidente del Consiglio – da “terzo (settore) a primo”. D’altro canto esiste un piccolo, ma sempre più rilevante segmento di organizzazioni non lucrative di taglia XXL. Vere e proprie “industrie del welfare” che però rischiano, pure loro, di prendersi l’acromegalia perché basano la propria crescita replicando sic et simpliciter modelli di servizio su ampia scala, deteriorando gli elementi di socialità su base locale che rappresentano l’autentico “valore aggiunto” della produzione nonprofit.

Se la crescita per espansione causa un effetto di “mission driven” del sociale che vira in senso burocratico – aziendalistico come si cura l’acromegalia? Direi con un paio di parole chiave che superano anche il rischio opposto, ovvero il mito del “piccolo è bello”. La prima è multifunzionalità e la seconda multilocalismo. Due principi ben visibili in Qui Padova, l’iniziativa di un paio di cooperative sociali padovane che qualche giorno fa hanno inaugurato uno spazio fisico dove gomito a gomito operano coworking e produzione culturale, servizi di welfare e sport. La multifunzionalità di questo bel progetto non è solo degli spazi ma anche dei servizi e delle relative economie perché nel combinare piccolo e locale il nonprofit ha pochi rivali. Ma – direbbe Ezio Manzini – non basta. Per crescere e innovare servono anche attributi di apertura e connessione che consentono a queste strutture di agire in più luoghi e contesti e, in questo caso, Qui Padova mette a valore il fatto di intercettare bisogni ma anche risorse di cui sono portatori gli ospiti stranieri delle sue strutture. Un bel modo di diventare grandi insomma, testando una propria via alla scalabilità che fa da antidoto a una crescita che rende lenti e che accorcia la visione.


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