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Pseudotifosi

di Roberto Brambilla

Qui non ci sono divisioni. La nazione di appartenenza dei nostri giocatori è il Liverpool Football Club e la loro lingua è il calcio”. Così Gerard Houllier, ex tecnico del Reds, rispondeva quando gli si chiedeva del fatto che uno dei club più rappresentativi del calcio britannico avesse molti stranieri in rosa. Come lui, purtroppo non la pensano riguardo alla loro squadra i tifosi del Beitar Gerusalemme. La società nata nel 1936 e presieduta dal magnate israeliano di origine russa Arcadi Gaydamak è famosa più che per i suoi risultati (sei titoli, l’ultimo dei quali nel 2007-2008) per l’intolleranza dei suoi tifosi. Contro musulmani e giocatori di colore. L’ultimo episodio risale all’8 febbraio, quando due tifosi dei gialloneri, appartenenti a La Famiglia, il gruppo di ultras più estremisti, hanno lanciato alcune bombe molotov contro gli uffici del club, “reo” di aver ingaggiato per la prima volta nella sua storia due giocatori musulmani, Zaur Sadayev e Dzhabrail Kadiyev, attaccante e difensore russi proveniente dal Terek Grozny, squadra il cui presidente è Razman Kadyrov, leader filorusso della Cecenia e amico di Gaydamak. I due ultras sono stati processati mercoledì da un tribunale di Gerusalemme. Le molotov sono solo l’ultimo episodio che ha visto coinvolti gli ultras del Beitar. Nel marzo 2012 furono protagonisti di una “caccia all’arabo” in un centro commerciale di Gerusalemme e nel gennaio 2013 hanno esposto prima di una partita uno striscione eloquente “Beitar per sempre puro” contro l’intenzione della dirigenza di ingaggiare i due musulmani. Oltre ai cori (“Morte agli arabi) e gli ululati contro i giocatori di colore (anche contro l’israeliano di origine nigeriana Toto Tammuz, tra l’altro un ex Beitar), anche il disprezzo verso i tifosi delle squadre di sinistra e del Bnei Saknin, il club arabo israeliano più importante. I dirigenti del Beitar minimizzano il comportamento de La Famiglia e stano proseguendo per la loro strada, dando spazio ai due giocatori russi. Sperando che come succede spesso in altri Paesi non cedano ai beceri.


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