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Jack Johnson, pugni neri contro il razzismo

di Roberto Brambilla

Joe Frazier, Muhammad Alì, George Foreman, Mike Tyson. Quattro tra i più grandi pugili della storia. Con un denominatore comune, oltre a quello di aver conquistato il titolo mondiale dei pesi massimi; essere neri. La strada a un dominio, quello dei coloured nella categoria più prestigiosa della “nobile arte” che cominciò esattamente 105 anni fa, il 26 dicembre 1908. a Sydney, in Australia. A prendere a pugni i pregiudizi di un’America segregata e dopo in alcuni stati il Klu Klux Klan minacciava (ed eseguiva) rappresaglie fu un ragazzo di Galveston, Texas. Si chiamava John Artur Johnson, per tutti Jack e aveva trent’anni.

Nato nel 1878  da una coppia di ex schiavi, a 12 anni aveva abbandonato la scuola e cominciato a lavorare. E nel negozio di carriaggi in cui aveva trovato impiego aveva imparato a boxare, grazie all’interessamento del suo capo, un ex boxeur. E i primi combattimenti li aveva fatti, mentre si guadagnava da  vivere come portuale a Galveston. Match di battleroyal, in cui più pugili, soprattutto neri si sfidavano a mani nude e chi vinceva, riceveva quello che gli spettatori gli lanciavano sul ring. A 20 anni, nel 1898 però arriva il professionismo. Jack, 188 cm per 88 chili, impressiona per la sua potenza e la sua tattica, che consiste nel lasciar sfogare l’avversario poi colpirli con un pugno devastante. Nei primi cinque anni Johnson vince una cinquantina di match, ne perde qualcuno e finisce pure in carcere, nel 1901, dopo il match con Joe Choynsky perchè combattere in Texas è illegale. Il primo titolo Jack lo conquista nel 1903 contro Ed “Denver” Martin, la corona è quella dei World Colored Heavyweight Championship, cioè il titolo mondiale dei pesi massimi, ma per i pugili di colore. Il migliore tra i “colored” ma che non può combattere, almeno per la cintura assoluta. James J. Jeffries, campione  uscente si rifiuta di battersi con Johnson per il colore della sua pelle e per avere la chance mondiale bisogna aspettare il Boxing Day del 1908, il giorno che nei paesi anglosassoni è tradizionalmente dedicato allo sport e al pugilato. L’avversario di turno è il canadese Tommy Burns, bianco, che accetta la sfida dopo le pressioni di Johnson e dopo essersi assicurato in ogni caso una “borsa” di 50mila dollari. Si combatte a Sydney dove Burns (all’anagrafe Noah Brusso) è di casa ed è un match senza storia, davanti a una folla gigantesca. Johnson per 14 riprese domina il campione uscente fino a quando l’arbitro non interrompe il match e consegna la corona al gigante texano. E’ lui il primo re nero dei pesi massimi. E due anni dopo si prenderà un’altra rivincita. James J. Jeffries, ritiratosi nel 1908, decide di incontrare Jack Johnson. E’ il 4 luglio 1910, giorno della festa nazionale e si combatte a Reno in Nevada. Davanti a 20mila spettatori Johnson  distrugge Jeffries in 15 riprese con l’incontro terminato per il lancio dell’asciugamano da parte del corner dello sfidante. La vittoria, oltre a portare una somma pari a 1,5 milioni di dollari attuali al vincitore, causa disordini razziali in alcuni stati, come Texas e Colorado. E rappresenta il punto più alto della carriera di Johnson.

Negli anni seguenti, rifiutandosi di combattere contro i pugili neri (i match contro di loro erano molto meno redditizi), il gigante texano vive una vita avventurosa. Nel 1912 Johnson viene arrestato e l’anno successivo condannato ingiustamente a un anno e un mese per aver violato la legge Mann che puniva chiunque trasferisse donne da uno Stato all’altro per “scopi immorali” (in realtà è provato le donne che erano state trasferite non erano prostitute e che la sentenza fu “razziamente condizionata”). Per sfuggire alla condanna Jack scappa dagli Usa, prima a Cuba e poi in Messico. Nell’isola caraibica perderà nel 1915 il titolo mondiale contro Jess Willard e al confine tra il paese centroamericano e  gli Stati Uniti si consegnerà alle autorità americane per scontare il resto della pena, nel 1920. Rilasciato nel 1921 Johnson continuerà a combattere fino al 1938, a 60 anni. Morirà nel 1946. in North Carolina in un incidente stradale. Dopo che un ristoratore non gli ha servito la cena perchè nero. Amante dell’opera, primo divo nero del pugilato, Jack viene inserito nella Hall of Fame del pugilato nel 1990 e a lui nel 1971 il jazzista Miles Davis intitolerà uno dei suoi album migliori. Ma quella condanna ingiusta per la legge Mann non sarà mai cancellata, nonostante gli appelli al presidente repubblicano (e bianco) George Bush e soprattutto al democratico e nero Barack Obama.


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