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Sport e integrazione, due piccoli passi in avanti

di Roberto Brambilla

Il 2014 è cominciato bene sul fronte dell’integrazione sportiva. Con due novità nelle normative federali che hanno riguardato due discipline che tanto danno e hanno dato allo sport italiano, boxe e calcio. Il 7 gennaio la Federazione italiana pugilato ha introdotto lo “ius soli” sportivo. Da quest’anno infatti i pugili con nazionalità straniera tesserati nelle società azzurre affiliate, se in possesso di un periodo minimo di tesseramento in Italia potranno partecipare ai campionati nazionali dilettanti (fino ad ora partecipavano alla maggioranza delle riunioni pugilistiche ma non potevano concorrere per il titolo tricolore). Una modifica alla norma esistente che facilita soprattutto il grande numero di ragazzi di seconda generazione (tecnicamente degli stranieri) che salgono sul ring nelle palestre italiane e che si vedevano esclusi dai tornei più importanti.

Agli inizi di gennaio si è anche concluso il calciomercato. Non quello della Serie A ma quello dei dilettanti. Dove per la prima volta i giocatori stranieri, con una circolare, sono stati (quasi) equiparati agli italiani. Con la modifica dell’articolo 40 del regolamento Figc del 4 giugno 2013 infatti i giocatori con la cittadinanza straniera, comunitari ed extracomunitari hanno potuto per la prima volta cambiare squadra durante la stagione e nel caso dei minori, legati al permesso di soggiorno dei genitori, è stato possibile metterli sotto contratto anche se il documento di mamma e papà scadeva prima del 31 gennaio 2014. Infine è stato possibile ingaggiare un ragazzo straniero, anche se residente da meno di 12 mesi in Italia. Tutto risolto? Non ancora. Esiste ancora il limite di tesseramento per gli extracomunitari (due) già tesserati all’estero e rimangono i paletti per quanto riguarda i minori provenienti da paesi extra-UE al primo tesseramento, vincoli legati però a una normativa FIFA introdotta del 2009 per scongiurare la tratta di giovani calciatori.


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