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#inMovimento verso Sud

di Marco Percoco

Non c’è bisogno di discutere a fondo una questione ovvia come quella dell’atavico ritardo del Mezzogiorno rispetto al Nord, misurato secondo qualsivoglia indicatore. Nulla di nuovo sotto il sole, dunque, tantomeno negli ultimi tempi, quando durante la crisi il Sud si è allontanato ancora di più dal resto del Paese.

Di recente, però, e forse proprio a seguito di un periodo particolarmente difficile per le nostre economie regionali, sono tornati a rifiorire proposte portate alla discussione pubblica non tanto per riuscire nell’improbabile impresa di portare il reddito pro capite meridionale sui livelli di quello settentrionale, quanto per alimentare una discussione che ormai langue e sperare in qualche intervento che possa migliorare oggi a margine, domani in maniera più sostanziale, le prospettive di sviluppo di una parte consistente del nostro Paese.

A mo’ di premessa, vale la pena sottolineare come la teoria attualmente più accreditata circa le origini di quella che un tempo si chiamava “questione meridionale” identifica nella scarsa qualità delle istituzioni, storicamente determinata, ed in immorali legami clientelari e familistici il motivo fondamentale del ritardo del Mezzogiorno.[1]

Queste cause, in qualche misura persistenti nel tempo, sono ormai oggetto di innumerevoli verifiche empirica ed approfondite discussioni critiche, tanto da essere ormai divenute comunemente accettate.

Trigilia ha basato proprio su questa visione la sua proposta per il Sud, ovvero uno sviluppo che possa essere generato a partire da un miglioramento della qualità delle istituzioni, dell’azione di governo regionale e, in ultima istanza, un miglioramento dell’allocazione delle risorse.[2]

Della proposta di Borgomeo pure abbiamo già avuto modo di discutere su Vita, ma è utile ed interessante richiamarla perché il Presidente della Fondazione con il Sud assegna un ruolo esplicito proprio al Terzo Settore ed al civismo poiché ritiene che solo a partire da questi soggetti si possa avere un significativo riscatto delle istituzioni regionali. Dunque, sono cruciali la cooperazione ed il comportamento pro-sociale dei cittadini, cui corrisponderebbe un importante effetto secondario sulla qualità dell’azione di governo.[3]

Come già diversi mesi addietro segnalai, se il Terzo Settore voleva davvero contare nel processo di policy making regionale, doveva farlo nell’ambito della programmazione 2014-2020. Così non è stato, ed il nonprofit (soprattutto meridionale, ma è stato un leit motiv comune a tutte le regioni) si è ritirato nel solito splendido isolamento. E chissà che il fatto che l’accordo di partenariato sia stato rispedito al mittente dalla Commissione Europea con 351 rilievi non sia solo un caso.

Il civismo meridionale dovrebbe dare una scossa alle economie del Sud, ma ha esso stesso bisogno di ricevere una scossa.

Ci sono certamente iniziative di valore che chiamano ad un impegno rinnovato, come sottolineato da Giuseppe Notarstefano a proposito dei cattolici[4], ma è necessario costruire un tessuto comune.

E allora, perché non ripetere un’iniziativa come quella di presentazione di #inMovimento a Milano in alcune città del Sud? Certo, si può discutere per via telematica, ma le interazioni face-to-face sono comunque insostituibili ed un momento di incontro sarebbe molto utile per cominciare a costruire una comunità.


[1] Banfield, E.C. (1958), The moral basis of a backward society, New York: The Free Press; Putnam, R. (1993), Making democracy work, Princeton: Princeton University Press.

[2] C. Trigilia (2012), Non c’è Nord senza Sud, Bari: Laterza.

[3] C. Borgomeo (2013), L’equivoco del Sud, Bari: Laterza.

[4] G. Notarstefano (2014), I cattolici e il Paese, quale contributo per il nostro Mezzogiorno, relazione presentata al Consiglio Regionale Basilicata di Azione Cattolica Italiana, 30 marzo 2014.


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