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Sesto Calende al voto, ovvero della qualità della vita e dell’identità dei luoghi

di Marco Percoco

Più volte ho scritto su questo blog di come la qualità della vita sia diventata cruciale per le strategie di sviluppo urbano e spesso ho usato l’esempio di Sesto Calende, ove vivo, per approfondire questioni rilevanti per le città italiane.

Ora c’è all’orizzonte un evento, le elezioni comunali, che sta cristallizzando alcune tematiche che vale la pena di affrontare per trarne delle conseguenze.

a)       Da qualche tempo, un’ossessione da traffico tutta italiana vorrebbe asfaltare qualsiasi cosa pur di ridurre il tempo d’attesa ad incroci e semafori. A seguito di tali esigenze percepite, anziché procedere con i rituali strumenti di politica di controllo della domanda, i comuni italiani hanno iniziato a costruire rotonde, nell’illusoria speranza di lenire le esternalità negative. Nulla di più sbagliato, come sa chiunque si occupi di questioni trasportistiche, con un occhio anche al di fuori dell’Italia[1]. E la cosa curiosa sapete qual è? Che in campagna elettorale ci si accapigli per attribuirsi la paternità di tali oscenità, utili solo a portare devastazione urbanistica in una situazione già precaria.

b)      Il dibattito sulle rotonde ha una gemmazione interessante e relativa ad un investimento del colosso della GDO, Esselunga, che costruirà, a ridosso del centro storico, un ipermercato. E sapete qual è la cosa più buffa ed inverosimile? Che i piccoli commercianti siano convinti che i loro profitti aumenteranno! Potrei dilungarmi su temi noiosi come gli effetti redistributivi della concorrenza o della rilevanza delle economie di scala per la fissazione dei prezzi, ma preferisco non farlo e citare solo due numeri. Tra il 50 ed il 70% dei negozi locali chiuderà ed i salari si ridurranno del 5,7%, a fronte di un incremento netto dell’occupazione di 1-2 unità[2]. Ora, in un paese normale, i commercianti dovrebbero essere in rivolta, ma sono assopiti in un dolce tepore. L’annientamento dei piccoli negozi a favore di più grandi strutture è certamente efficiente da un punto di vista economico, ma se si vogliono migliorare i canoni di qualità della vita, le botteghe di quartiere sono cruciali e dovrebbero essere salvaguardate.

c)       Sesto Calende è una piccola cittadina in cui è molto diffuso il turismo del crodino, ovvero è preda di enormi flussi di persone che bevono l’analcolico biondo e che adorano passeggiare con i loro cani sul lungo fiume perché le adorabili bestiole possano evacuare en plein air. Qualunque persona dotata di buonsenso non considererebbe queste “presenze” come indice di sviluppo, ma solo di commercio[3]. Il dibattito sullo “sviluppo turistico” del comune c’è da scommettere che sarà serrato, anche se non si capisce bene cosa questo significhi, data la politica schizofrenica nei confronti della GDO. E’ vero che nelle tristi periferie suburbane è ora costume trascorrere il sabato pomeriggio nei non-luoghi dei centri commerciali, ma pensare che questi possano addirittura attirare turisti sembra francamente ardimentoso.

Questi pochi punti, a volte amari e divertenti, e oggettivamente mal posti, per sollevare una questione che non è, purtroppo, specifica di Sesto Calende, ma di tante città, soprattutto del Centro-Nord. E’ la perdita di un’identità contemporanea.

Sesto è nel cuore del triangolo industriale, sede di importanti aziende dell’aeronautica e vicina all’aeroporto di Malpensa. Basta questo per capire quanto il tessuto produttivo della città si stia slabbrando, deteriorando. A lato di questa crisi economica strutturale (che poco ha a che fare con l’attuale recessione) è emersa da molti anni una crisi culturale, di identità.

Al di là dei luoghi comuni, i Lombardi sono gente generosa che ha accolto senza indugi prima i Meridionali (finanche me!) e poi i migranti internazionali. (Sesto, nel tempo, ha accolto anche Veneti, Mantovani e Valtellinesi). La convivenza non è stata certo sempre facile, ma si è consolidata attraverso l’integrazione. Questa, però, ha avuto un costo, ovvero ha prodotto la perdita dell’identità locale, quella fatta di un simbolismo condiviso ed accettato.

Non c’è più cucina locale, non c’è dialetto, non c’è storia locale, non ci sono personaggi storici di cui si tramandano le gesta, non c’è un patrimonio culturale che identifichi “il Sestese”.

La crescita urbana sappiamo che oggi si ottiene soprattutto attraverso un miglioramento della qualità della vita (occuparsi della città per occuparsi del cittadino). Se in Italia continuiamo a parlare di rotonde o di investimenti immobiliari, significa davvero che abbiamo capito poco di come funziona il mondo. L’identità dei luoghi, evidentemente da costruire su valori positivi e non sulla negazione di altrui diritti naturali, è precondizione per qualsiasi politica di miglioramento della qualità della vita.


[1] Esiste la ben nota legge fondamentale del trasporto. Se si aumenta la portata di una strada, non si riducono i tempi di attesa, semplicemente perchè aumenteranno i veicoli circolanti. E questo ce lo dice monsieur de Lapalisse, prima ancora che qualche elementare studio trasportistico.

[2] Cfr. E. Basker, The Causes and Consequences of Wal-Mart’s Growth, Journal of Economic Perspectives 21:3 (Summer 2007) 177-198. F. Schivarti e E. Viviano, “Entry Barriers in Italian Retail Trade”, with E. Viviano,  Economic Journal, Vol. 121, pp. 145-170.

[3] A parte il presidente dell’ormai defunta Provincia di Varese che crede che il territorio provinciale sia più attrattivo di Firenze per motivi turistici. Purtroppo, però, il signore in questione utilizza le statistiche sugli arrivi ed il caso vuole che nel territorio in questione sia localizzato l’aeroporto di Malpensa, con circa 20 milioni di passeggeri. Difficile, però, credere che questa massa sia dovuta all’imperdibile visita al Sacro Monte di Varese. Un classico caso di confounding factor, diremmo in econometria. Delle possibilità di sviluppo di Malpensa, tra l’altro, ho già parlato su Linkiesta.


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