Luddismo social

di Marco Percoco

Bisogna dire che le sentenze ultime stanno mettendo a dura prova i timidi tentativi di modernizzazione di questo Paese. Prima la Corte Costituzionale a minare alle fondamenta un (molto parziale) riequilibrio intergenerazionale del carico contributivo al sistema pensionistico. Poi è intervenuta un’ordinanza di sospensione di UberPop, che pure compromette una forzata liberalizzazione del servizio taxi.

Bisogna pure ammettere che il problema non sono evidentemente i giudici, ma una pessima qualità delle norme. Nel caso dei taxi, poi, questo dato è lampante e fuori d’ogni discussione di sorta, dato il numero esiguo di licenze, i limiti spaziali alla conorrenza, la tariffa regolata ed i proibitivi costi di ingresso.

Difficile pensare che la decisione sulla app non sia stata frutto di qualche cavillo legato allo stazionamento delle auto per il trasporto passeggeri. Certamente il ricorso presentato dai tassisti è comprensibile, così come certamente legittima è l’ordinanza giudiziaria. Ciò che, però, lascia veramente sgomenti è la mancanza di considerazione sostanziale dei consumatori, vittime finali dell’intero processo, oltre a chi riesce ad avere un reddito minimo lavorando con Uber, naturalmente.

Ma, volendo stare alla sostanza della faccenda, perchè Uber è diventato così diffuso? Le tariffe non sono così convenienti, ma è semplice chiamare un’auto e pagare per il servizio. Ovvero, il vantaggio competitivo, manco a dirlo, è semplicemente il software, achitettura su cui si basa l’intera impresa.

Sarebbe stato bello se i tassisti, anzichè impiegre tempo e denaro per intentare una sciocca causa, li avessero impiegati per sviluppare una app con servizi simili. Avrebbero potuto introdurre in maniera diffusa il pagamento con carta di credito (non certo una grande innovazione tecnologica!!), visto che negli USA è possibile farlo addirittura con uno smartphone, firmando con un dito.

In questi giorni, un’altra battaglia contro un’altra app si profila all’orizzonte. Si tratta di Cocontest, che si propone come una piattaforma per mettere in contatto architetti e clienti. Un’interrogazione è già in Parlamento, sottoscritta da 7 parlamentari (tutti architetti, naturalmente…), coralmente uniti in una lotta bipartisan.

Il luddismo non ha sortito effetti nel XIX secolo, non ne avrà oggi, anche se Ned Ludd dovesse presentarsi sotto le messianiche spoglie di un giudice o di un parlamentare, da cui invece ci si aspetterebbe un semplice lavoro legislativo per adattare la normativa vigente al progresso tecnologico.


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