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Sicilia: non basta investire in istruzione

di Marco Percoco

Forse un pò paradossalmente, solo dopo l’esito delle elezioni regionali siciliane si è cominciato a discutere, almeno sulla stampa nazionale, dell’economia e della società siciliane.

In un articolo apparso sulla prima pagina del Corriere della Sera e poi seguito da un dibattito televisivo il Presidente neo-eletto Musumeci, Lucrezia Reichlin ha posto l’accento sulla necessità di investire in capitale umano, ovvero in istruzione, per poter avere tassi di crescita sostenuti.

Naturalmente, sono d’accordo con tale affermazione, ma temo non sia sufficiente.

La Sicilia, come tutto il Meridione, ha una relativamente bassa dotazione di laureati, ma un’elevata propensione di questi ad emigrare altrove. Il Rapporto SVIMEZ 2017, presentato pochi giorni fa, fotografava, come ogni anno, il consistente drenaggio di capitale umano dal Sud, ormai in corso da oltre due decenni.

Quindi, ben venga una politica regionale di sostegno all’istruzione e alla formazione, ma è necessario parimenti sostenere la domanda di figure professionali da parte delle imprese siciliate. Bisogna, come pure sottolineato da Reichlin, selezionare i settori su cui le politiche pubbliche devono agire, ma anche stimolare l’innovazione organizzativa e manageriale delle imprese esitenti. In altre parole, temo che la strozzatura principale dell’economia sociliana, almeno da questo punto di vista, sia da ricercarsi nel sistema produttivo, che pure sconta gravi condizionamenti ambientali.


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