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Welfare & Lavoro

Montagne gravide

di Carlo Giacobini

Ci sono sensazioni che non possono essere espresse in modo più compiuto ed efficace che con un “Embé?”. In ispecie quando vengono ventilate fantasmagoriche innovazioni cui – ad essere malfidenti – si crede punto o poco già al momento del pomposo annuncio. E quell’“Embe?” m’è salito sfogliando la Gazzetta ufficiale di ieri, il 4 di maggio dell’Anno del Signore 2021.

Lo stavamo aspettando dall’estate scorsa ed è arrivato: il decreto del Ministero dell’economia del 7 aprile 2021 che rivede le regole per ottenere l’IVA agevolata sui sussidi tecnici ed informatici destinati alle persone con disabilità. Era un atto previsto dall’ultimo decreto semplificazioni (decreto legge 76/2020), ma la storia merita di essere raccontata, non solo per far intendere agli interessati come funzionerà ora, ma anche per farci due pensieri con disincantata ironia che vanno ben oltre il decreto stesso.

Flashback: già nel 1997 una norma specifica (n. 30/1997) aveva acutamente previsto agevolazioni fiscali (IVA agevolata e detrazione IRPEF) per “per sussidi tecnici e informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e le possibilità di integrazione dei soggetti di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.” e rimandando ad un decreto successivo per i dettagli.

L’intento era quello di agevolare, al pari degli ausili, protesi ed ortesi, l’acquisto di prodotti anche di comune reperibilità che siano effettivamente utili alle persone con disabilità.
Il successivo decreto del Ministero delle Finanze del 14 marzo 1998 ha confermato questo concetto. Innanzitutto la definizione: sono “sussidi tecnici ed informatici rivolti a facilitare l'autosufficienza e l’integrazione dei soggetti portatori di handicap le apparecchiature e i dispositivi basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, appositamente fabbricati o di comune reperibilità, preposti ad assistere la riabilitazione, o a facilitare la comunicazione interpersonale, l'elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso alla informazione e alla cultura in quei soggetti per i quali tali funzioni sono impedite o limitate da menomazioni di natura motoria, visiva, uditiva o del linguaggio.
Vi rientra – è evidente – una gamma estremamente ampia e pressoché illimitata di prodotti non certo e solo di tipo elettronico come vorrebbero alcuni luoghi comuni.

Lo stesso decreto del 1998 indica come ottenere l’IVA agevolata. Oltre al verbale di invalidità o di handicap (104), rilasciato dalle competenti commissioni, era richiesta una “specifica prescrizione autorizzativa rilasciata dal medico specialista della azienda sanitaria locale di appartenenza dalla quale risulti il collegamento funzionale tra il sussidio tecnico ed informatico e la menomazione di cui sopra [motoria, visiva, uditiva o del linguaggio, N.d.A.].”
Nella sostanza non è sufficiente la condizione di disabilità per ottenere l’IVA agevolata proprio perché il numero e la gamma di potenziali prodotti è estremamente ampia e, non essendo fissato alcun limite temporale o di numero di prodotti, potrebbero ingenerarsi facilmente elusioni e abusi.
Se così non fosse, se non fosse richiesta la prescrizione, sarebbe sufficiente presentarsi presso qualsiasi negozio che venda quei prodotti muniti di verbale di invalidità per ottenere l’IVA agevolata ed uscire con un prodotto scontato del 18% a carico dell’Erario. Nulla impedirebbe peraltro di rivenderlo immediatamente. O di acquistarlo per conto terzi. E ciò dalla TV di ultima generazione allo spazzolino elettrico, dal portatile al forno a microonde, dall’hoverboard ad aggeggi per il massaggio elettronico o quant’altro il mercato offra e la fantasia desideri.

Non era un caso perciò che per evitare questi fenomeni elusivi e indirizzare l’agevolazione effettivamente verso chi ne ha necessità, quel decreto inseriva l’obbligo di una preliminare prescrizione autorizzativa che indica il collegamento funzionale fra il prodotto specifico (quello, non un altro o una gamma di prodotti) e la menomazione oltreché l’effettiva finalizzazione del prodotto (riabilitazione, facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o grafica, il controllo dell’ambiente, l’accesso alla informazione e alla cultura).
Non si tratta quindi, come ha scritto impropriamente qualcuno e papagallato pedissequamente talaltro, di una “doppia certificazione”, ma di un requisito soggettivo (invalidità dimostrabile con verbale) e di una specifica prescrizione autorizzativa.

E veniamo al “decreto semplificazioni” 2021 (articolo 29 bis) che appunto sta alla base del nuovo decreto del MEF. Novità: la soppressione dell’obbligo della prescrizione autorizzativa (da regolamentare).

Lo stesso articolo del “decreto semplificazioni” prevede che, contemporaneamente, si metta mano agli schemi dei verbali di invalidità e di handicap (Legge 104) aggiungendo fra le voci fiscali (quelle che si usano per le agevolazioni sui veicoli o per il contrassegno disabili) il riferimento al diritto anche alle agevolazioni sui sussidi tecnici ed informatici volti all’autonomia e all'autosufficienza. Una dizione che, dati i prodotti e le finalità ammesse, sarebbe riconoscibile praticamente a tutte le persone con disabilità senza alcun altro vincolo se non la condizione stessa, perdendo così ogni capacità antielusiva ma prima ancora selettiva.

In via Ciro il Grande, presso la casa madre INPS, devono comprensibilmente essere colati fiumi di sudori freddi in questi mesi (esprimiamo la sincera umana comprensione).

Le Commissioni stentano già a flaggare nei verbali di invalidità quattro voci in croce utili alle agevolazioni sui veicoli, figuriamoci cosa accadrebbe per i sussidi tecnici e informatici. Una via materialmente impraticabile dai costi organizzativi incommensurabili
E poi c’è tutto il pregresso, cioè i milioni di persone che i verbali ce li hanno già e che non ci pensano proprio a tornare in Commissione per avere l’IVA agevolata sui computer.

Insomma, un intento maldestramente semplificatorio si è rivelato uno stagno di sabbie mobili.

Come uscirne? Ecco il decreto pubblicato ieri che, con beffarda finezza, mette una toppa ad un pastrocchio approvato dalle Camere.

Il MEF lascia saldo il principio che per ottenere l’IVA al 4% è necessario che sia riconosciuto il collegamento funzionale fra menomazione e il prodotto agevolato e aggiunge, non potendo fare altrimenti, che questo deve essere indicato nei verbali di invalidità rilasciati dalle Commissioni pubbliche di accertamento.
Ma se per caso quel collegamento funzionale fra prodotto e menomazione non fosse presente nei verbali (e così sarà), la certificazione che lo attesti può essere rilasciata del medico curante. Per inciso, trattandosi di prestazione libero professionale non è una certificazione gratuita.

Mi fai una sintesi che non ci sto più a capire nulla?”

Sì, rispetto a prima di questa rivoluzione copernicana, la prescrizione autorizzativa per chiedere l’IVA agevolata ora te la può fare il tuo medico curante. Non c’è più l’obbligo, come prima, di rivolgersi ad un medico specialista ASL.

Fine della storia. La montagna ha partorito il topolino, un po’ rachitico magari, ma – va riconosciuto – meglio che nato morto. E altre montagne intanto sono in gestazione.


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