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Lo Stato e il Buon Samaritano: legge di stabilità e raccolta di cibo

di Alessandro Mazzullo

Chiedo in anticipo perdono per l’effluvio di post dell’ultimo periodo. Posso solo dire che è direttamente proporzionale allo stupore che continua a suscitarmi la lettura sempre più appassionata della Legge di stabilità.

Sì perché, a dispetto di ogni aspettativa, non è azzardato dire che questa lettura non ha poi molto da invidiare a quella avvincente di certi thriller polizieschi che non finiscono mai di sorprenderti con i loro colpi di scena.

È così che ogni giorno ti trovi di fronte ad una piccola norma che è in sé un piccolo colpo di scena. Quando pensavi di aver capito tutto del protagonista (in questo caso il Legislatore), scopri nuovi tratti di una personalità complessa, a volte schizzofrenica, a volte ironica, a volte enigmatica, a volte spietata, a volte amichevole.

L’ultima norma trovata tra le pieghe del testo è quella di cui ai commi 236, 237, 238 e 239 dell’art. 1 e concerne la disciplina della distribuzione di prodotti alimentari per fini sociali, da parte delle Onlus. [1]

Di che cosa parliamo?

Parliamo <<degli oltre 2.600.000 porzioni di piatti pronti, quasi 800mila kg di pane e quasi 900mila kg di frutta recuperati in 10 anni, quelli trascorsi da quando è entrata in vigore la cosiddetta “Legge del Buon Samaritano”>>[2] che ha permesso il recupero di queste quantità di alimenti freschi e cucinati dalle mense, dalla ristorazione, dal catering e dalla grande distribuzione. Se avete 10 minuti di tempo vi consiglio la visione di questo bel video 

E’ stato grazie a quella norma (Legge n 155, entrata in vigore il 16 luglio del 2003) promossa dalla Fondazione Banco Alimentare onlus che è stato possibile avviare programmi di donazione e quindi di recupero delle c.d. eccedenze alimentari.

La Legge del Buon Samaritano è stata pensata per incentivare le donazioni di cibo pronto e non consumato anche nell’ambito della ristorazione collettiva che altrimenti verrebbe gettato, e per facilitare l’attività delle organizzazioni che distribuiscono pasti e generi alimentari, agli indigenti, in modo gratuito.

La norma, formata da un solo articolo, equipara il “consumatore finale” alle Onlus che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita ai bisognosi sollevandole da tutti quegli adempimenti burocratici che, di fatto, complicano l’assistenza agli indigenti.

In pratica, le Onlus che recuperano cibo, per esempio dalla ristorazione organizzata, per consegnarlo alle persone indigenti, non sono tenute all’osservanza delle norme sulla sicurezza dei prodotti alimentari, perché equiparate al consumatore finale.

Una bella Legge, una volta tanto[3]! Si pensi che nel solo comparto della ristorazione, fa sapere la Fondazione Banco Alimentare, il fenomeno dell’eccedenza alimentare ‘conta’ 209,1 mila tonnellate l’anno di cui solo il 9,2% viene donato ad enti caritativi, ciò vuol dire che 189.9 mila tonnellate l’anno finiscono nella pattumiera. Complessivamente nell’intera filiera si generano 6 milioni di tonnellate l’anno di eccedenza per un valore economico di 13 miliardi di euro e di queste 5,5 finiscono al macero!!!

Bene! Ma torniamo alla nostra piccola norma, nascosta nelle pieghe della Legge di stabilità. A me pare, ma forse non ne ho capito bene il senso, che costituisca una parziale marcia indietro rispetto all’intento di semplificazione insito nella Legge del Buon Samaritano del 2003. Si preoccupa di precisare che le Onlus devono garantire un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti, ciascuno per la parte di competenza[4].

Non mi azzardo a invadere campi che non sono i miei. Anzi confesso che non so valutarne la reale opportunità. Magari qualcuno di coloro che seguono il blog potrebbe aiutarmi in tal senso.

Però una perplessità ce l’ho. Anzi un dubbio: ma che fine hanno fatto i tentativi di aumentare le dotazioni del Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti[5]? A fronte di tanta solerzia nel prevedere regole più rigide per la gestione e donazione di derrate alimentari altrimenti destinate al macero, mi chiedo se sia corrisposto uno sforzo economico dello Stato teso ad incentivare, oltre che disciplinare, tale importante attività.

Su Vita era stata segnalato il tentativo di procedere ad un aumento di quel Fondo, ma se ne denunciava la bocciatura tecnica per snellire il lavoro in Aula!!

Ma qualcuno mi sa dire se questo aumento c’è stato? Direttore?

Oppure dobbiamo arrenderci giorno dopo giorno alla costatazione di uno Stato che nei confronti del c.d. Terzo Settore sa indicare doveri e sempre meno diritti?

 

 

 

 


[1] Comma 236: “Le organizzazioni riconosciute non lucrative di utilità sociale ai sensi dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, che effettuano, a fini di beneficenza, distribuzione gratuita agli indigenti di prodotti alimentari, ceduti dagli operatori del settore alimentare, inclusi quelli della ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché i citati operatori del settore alimentare che cedono gratuitamente prodotti alimentari devono garantire un corretto stato di conservazione, trasporto, deposito e utilizzo degli alimenti, ciascuno per la parte di competenza. Tale obiettivo è raggiunto anche mediante la predisposizione di specifici manuali nazionali di corretta prassi operativa in conformità alle garanzie speciali previste dall’articolo 8 del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, e successive modificazioni, validati dal Ministero della salute”.

 

[2] Fonte tratta da qui.

[3] Illuminanti le parole del Ministro De Girolamo recentemente intervenuta ad un Convegno organizzato da Fondazione Banco Alimentare: “La Legge del Buon Samaritano è un esempio da seguire: con un solo semplice articolo si è semplificato un processo che ha consentito alle organizzazioni caritative di recuperare cibo perfettamente commestibile e al Banco alimentare di distribuire più di due milioni e mezzo di piatti pronti. Una norma chiara e semplice, che a costo zero elimina burocrazia, attua i principi di solidarietà e sussidiarietà e fa sì che pasti caldi raggiungano chi ha fame, invece di finire in discarica. Ecco, penso che dovremo prendere a modello questo tipo di intervento, perché si traduce in quel fare per la collettività che deve essere sempre il faro per l’azione politica… Sprecare è un delitto. Dobbiamo farlo capire agli italiani, che possono con i loro comportamenti cambiare radicalmente la situazione, anche senza nessuna nuova legge. Buttiamo nelle spazzatura 12 miliardi di euro di cibo, una cifra pari a 3 volte il valore dell’Imu sulla prima casa. È evidente allora – ha concluso De Girolamo – che dobbiamo intervenire anche e soprattutto a livello culturale e informare i nostri cittadini sulla necessità di combattere gli sprechi”.

 

[4] “Anche mediante la predisposizione di specifici  manuali  nazionali di corretta prassi operativa” dice il co. 236.

[5] Di cui all’art. 58 del DL 83/2012.


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