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Papa Francesco, uomo dell’anno che fa bene alla chiesa

di Don Antonio Mazzi

Per il Time, Papa Francesco sarebbe il personaggio dell’anno 2013. Questa velocissima incoronazione (sono passati solo nove mesi dalla sua elezione al soglio pontificio) ci fa felici. Non so, però, quanto faccia felice lui. La troppa celebrità e la sovraesposizione continua credo siano lontane dal bisogno di riflessione, silenzio, preghiera che lui ha chiesto e chiede a tutti. Il momento è delicato per un verso, strategico per un altro. La chiesa, ridotta ad ospedale da campo, non si salva riportandola sui giornali e beatificandola. Papa Francesco, il giorno dopo la sua elezione, è andato a trovare la Madonna e ogni giorno chiede preghiere al fine di smontare “altarini” e rimettere al posto giusto la povertà, il servizio, le fede genuina, la gioia e la semplicità del Pastore innamorato delle sue pecore e pronto ad uscire dal sicuro delle chiese per battere le periferie, le strade, i luoghi del dolore e dell’ingiustizia, Il Sacro Palazzo non sarà più Sacro né tantomeno Palazzo ma rifugio, casa, luogo di tenerezza, perdono e amore. I primi passi sono stati eloquenti e significativi. Ma c’è molto da fare e soprattutto molto da disfare. È vero, però, che in poco tempo la visione della chiesa cattolica è passata da un continuo e pesante bombardamento distruttivo (in parte con ragione) ad una percezione accattivante e straordinariamente positiva presso milioni di persone, di qualsiasi fede e cultura. Soprattutto i laici sono attenti e capaci di cogliere, quasi meglio di noi fedeli, le sfumature e le mosse profetiche. C’era tantissimo bisogno, in questo periodo balordo, di un profeta semplice, umile, tenero, sorridente, vuoto di dogmatici e pieno di attenzione nel portare la Barca di Pietro fuori dalla tempesta. Sono spariti ori, separazioni, lontananze, palchi, ricchezze smodate, prediche fatte tra cielo e terra da un personaggio paraumano, infallibile, intoccabile, addobbato come un principe e quasi inavvicinabile. Ha preso il posto un Pastore, venuto dalla fine del mondo, vestito di bianco e attentissimo alle sofferenze e ai problemi del suo gregge. Il nuovo pensiero sociale della chiesa non nasce dalla dottrina ma dalla caritas, dall’urgenza di rompere le catene delle povertà, dei diritti calpestati. Sono ancora un miliardo gli uomini e le donne condannati all’emarginazione, alla miseria. Papa Francesco non sopporta queste sofferenze lancinanti. Se questo “riconoscimento” può dare una ulteriore spinta a questo progetto, ben venga.


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