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Quelle donne inginocchiate a Kiev sono delle perdenti?

di Riccardo Bonacina

Commentando una invocazione di Donn’Anna Luna in La vita che ti diedi, "Ah, mio Dio, non resisto più; fammi piegare i ginocchi!", Pirandello sottolinea che non c’è niente di più umano di quel piegare i ginocchi e rivolgersi al cielo, al destino e dialogare con lui. Chi non ha provato questa esperienza del non bastare a se stesso e di aver bisogno di aiuto, dice Pirandello, non è compiutamente uomo.

Pensavo a questo vedendo l’immagine di un gruppo di donne inginocchiate sui marciapiedi di Kiev a pregare questa mattina.

La guerra le ha raggiunte attraverso con esplosione e tank russi per le strade. Ma a che serve verrebbe da dire, come possono quelle ginocchia piegate fermare i tank? Hanno ragione loro e ha ragione Papa Francesco quando invita alla preghiera e al digiuno? ““Le preghiere e le invocazioni che oggi si levano fino al cielo tocchino le menti e i cuori dei responsabili in terra, perché facciano prevalere il dialogo e il bene di tutti sia anteposto agli interessi di parte. Preghiamo per la pace con il Padre Nostro: è la preghiera dei figli – ha affermato il Papa – che si rivolgono allo stesso Padre, è la preghiera che ci fa fratelli, è la preghiera dei fratelli che implorano riconciliazione e concordia”.

Nel Messaggio per la Giornata della pace del 2017 Francesco elogiò la nonviolenza come metodo di costruzione della pace e concluse il messaggio così: «Tutti desideriamo la pace; tante persone la costruiscono ogni giorno con piccoli gesti e molti soffrono e sopportano pazientemente la fatica di tanti tentativi per costruirla». Impegniamoci, con la preghiera e con l’azione, a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendono cura della casa comune. Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace».

Impegnarsi con la preghiera e l’azione, quindi. Oggi ascoltiamo la voce dei grandi che parlano di guerra. Abbiamo un grande bisogno di ascoltare la voce dei piccoli che parlano di pace. È già successo nella storia, ora tocca a noi.

Ricordandoci dei grandi esempi, come quello di Madre Teresa che quando ricevette il premio Nobel per la Pace nel 1979, disse: «Nella nostra famiglia non abbiamo bisogno di bombe e di armi, di distruggere per portare pace, ma solo di stare insieme, di amarci gli uni gli altri […] E potremo superare tutto il male che c’è nel mondo. Perché la forza delle armi è ingannevole. Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita»

La potenza dei potenti, quella che distrugge e ci rende tutti più poveri, è solo una maschera di un’abissale impotenza, la potenza è di chi non si stanca di fare il bene e di perseguirlo, un gesto dopo l’altro, un incontro dopo l’altro. Potenti le migliaia di persone che a Mosca, San Pietroburgo e in altre città della Russia sono scese nelle strade per invocare la pace.


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