Politica & Istituzioni

Quello stronzo di Godard e il suo capolavoro su Maria. Il mio ricordo

di Riccardo Bonacina

È morto Jean Luc Godard il regista francese che da qualche anno viveva quasi come un eremita a Rolle, paesino di seimila abitanti tra Losanna e Ginevra. Godard ha firmato 14 film. Di cui alcuni indimenticabili. Basti citare “Questa è la mia vita” con protagonista la prima moglie e musa Anna Karina, scomparsa un anno fa. Scontroso, “stronzo” come da un famoso rimprovero del collega François Truffaut, non gli parve vero quando nel 2010 Hollywood, che sempre l’aveva snobbato, gli assegnò l’Oscar alla carriera dandogli l’occasione di rinunciare al ritiro della statuetta adducendo la sua allergia ai viaggi in aereo anche perché avrebbe dovuto rinunciare al suo immancabile sigaro, lui fumatore incallito (di culto è ormai il suo corto – si trova su Youtube – sulle sigarette Parisienne).

Lo incontrai nel 1985 quando il settimanale “Il Sabato” mi mandò a Parigi per un’intervista. Era da poco uscito il suo film “Je vous salue Marie” (mi impressiona che Godard sia morto proprio il giorno della festa del santo nome di Maria) che scatenò roventi polemiche e divise il mondo cattolico che vide da una parte quelli che parlarono di “capolavoro cristiano” e dall’altro coloro che la bollarono come opera blasfema. Godard mi ricevette a Parigi in un ufficio (se non ricordo male della casa di produzione del film) sugli Champs-Elysées. Ricordo la sua ritrosia semplice, il suo sguardo furbo, il suo rispondere con poche parole, poche ma precise scevro da ogni retorica, mai trombone.

Come è abbastanza noto il film racconta di Marie, una giovane benzinaia fidanzata con il tassista Giuseppe, riceve una visita di Gabriele che le comunica che presto diventerà madre. Maria risponde che la notizia le appare assurda. Eppure, senza concorso d'uomo, Maria è incinta. Incredulo è Giuseppe e anche arrabbiato, incredulo è il ginecologo che visita Maria. La ragazza è vergine ed insieme è madre. Gabriele interviene in modi piuttosto bruschi per far comprendere a Giuseppe che deve abbandonare ogni umana gelosia e proteggere con religioso sentimento d'amore il mistero che si è realizzato in Maria. Il bimbo nasce, cresce e se ne va per la sua strada. Ormai Maria ha compiuto la sua missione, e potrà essere come tutte le altre donne. Dopo l'annunciazione, Maria è profondamente turbata. Il ginecologo è incapace di spiegare la sua gravidanza miracolosa. Poi la vediamo torcersi in preda a un' estasi isterica e sul punto di cedere al piacere solitario, ma supera la tentazione e accetta di essere lo strumento della volontà divina. Infine la vediamo offrirsi nuda allo sguardo di Giuseppe, fino allora incredulo, che cade in ginocchio e l'adora senza toccarla. In questa scena bellissima il cineasta sublima la sua casta nudità, che assurge a simbolo di un mistero sacro.

Non ho con me quell’intervista ma alcune cose mi colpirono e perciò le ricordo

Come quando Godard mi disse “Il vero autore del mio film è il Vangelo, e il mio è una sorta di Vangelo apocrifo che indaga sul rapporto tra Maria e Giuseppe, cosa si saranno detti in quel periodo di eventi straordinari? I Vangeli ci dicono poco, io ho provato a immaginare”.

Il film, infatti, è sì un tentativo di confrontarsi col mistero del concepimento verginale di Maria — ovvero, con il mistero dell'incarnazione, che è il punto focale dei racconti evangelici sullo sfondo dell'intera storia della salvezza — , ma è anche un’indagine sulle vicende intime di una donna e un uomo alle prese con un evento inatteso e profondamente destabilizzante analogo a quello occorso a Maria e a Giuseppe.

E a questo proposito Godard mi colpì per una frase tanto sintetica quanto giusta: «Che cosa sappiamo noi, con le nostre conoscenze scientifiche, dell’amore e del suo mistero? Che sappiamo noi dell’amore? Ecco le mie domande»

Il concepimento di Marie risulta “misterioso del medesimo mistero che governa la vita”, sottolineò il regista. Il suo essere verginale, non è solo il segno della dipendenza creaturale tipiche dell'universo biblico, è la cifra dell'adeguarsi a una norma naturale che trascende la volontà umana di potenza e di controllo, e il sigillo del reciproco riconoscimento di intangibilità, di intima inaccessibilità, tra coloro che vi si ritrovano implicati.

A differenza di Joseph, Marie, sottolineò Jean Luc Godard, “Comprende fin da subito che ciò che la situazione le richiede è la confiance, l'affidamento, la fiducia, la fede ma anche la confidenza: che sono la sostanza dell'amore, come rimprovera al «cieco» e riottoso Joseph la bambina che accompagna Gabriel nel compito d'annuncio e di tutela. Una confidenza che la restituisce a se stessa affrancandola dai condizionamenti sociali”.

Il suo primo effetto, non a caso nelle sequenze centrali del film, è il rifiuto di comprarsi un rossetto e, subito dopo, il suo andare da Joseph, per ricondurre anche lui a se stesso insegnandogli l'atteggiamento adeguato col proprio, col suo corpo, facendogli toccare letteralmente con mano ciò di cui si ostina a dubitare, quasi a citare Gv 20, 24-28, perché anche lui, come Tommaso, non sia «più incredulo, ma credente» (Gv 20, 27).

Nella sequenza in cui si mostra nuda a Joseph rispondendo alla sua richiesta, è però degno di nota che la tensione tra loro si risolva nel momento in cui lei dichiara il suo amore per Joseph, come se soltanto ora fosse riuscita a superare non soltanto la difficoltà che le crea lo scetticismo di Joseph.


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