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È la Ferragni ad aver bisogno di Sanremo non viceversa

di Riccardo Bonacina

La regina dei social, la evoca e la chiama così il mangiafuoco Amadeus, è lei ad averlo convinto ad aprire un profilo Instagram (a proposito di vera pubblicità occulta e continuativa si è trattato, speriamo decorosamente pagata, almeno). Nonostante l’entusiasmo da neofita di Amadeus (alias Amedeo Umberto Rita Sebastiani) Chiara Ferragni partecipa a Sanremo non proprio all’apice del suo successo.

Lo dicono le metriche social, la sua massa di follower è stabile sui 34,6 milioni tra Instagram e TikTok, ma Khaby Lame ne ha 234,4 milioni, accumulati in meno di due anni. Il totalizzatore della prima serata di Sanremo ci dice che la Ferragni viene citata in 55mila contenuti online, ma Blanco arriva agilmente a 150mila. Tra i top hashtag #chiaraferragni si ferma al decimo posto. Webboh, termometro di cosa interessa alla generazione Z, dedica la prima card del dopo-Sanremo sempre a Blanco. Insomma, la Ferragni aveva bisogno di Sanremo piuttosto che Sanremo aveva bisogno di lei. Per tornare ai milioni di cuoricini su una foto, aveva bisogno delle foto delle mise studiate con Dior per la prima serata sanremese.

Chiara Ferragni ha sempre fatto di sé stessa un content e in quanto tale vale solo quanto riesce a stare sulla cresta dell’onda. È questo il motivo per cui ha voluto andare a Sanremo; a differenza di quando era ancora solo una fashion blogger, adesso la concorrenza è aumentata esponenzialmente, l’algoritmo del social più trendy, TikTok, le è meno amico di quello di Instagram.

Come nota una che se ne intende molto più del sottoscritto, Laura Fontana: “Rimanere in hype è un lavorio giornaliero: gli influencer ragionano per content, frammentano le loro vite, le spezzettano e le riadattano ai formati, alle challenge, alla musica virale del momento; poi tutto viene portato in dono al dio algoritmo, che decide a chi tocca il jet privato e i viaggi pagati a Dubai, e a chi no. Chiara Ferragni è stata tra i primi in Italia a concepire la vita interamente come content, tra l’altro con grande successo avendo il dono naturale della viralità. Chiara Ferragni, devota ancella dell’algoritmo, ha da sempre dato tutto di sé: la sua quotidianità, le sue relazioni, la famiglia, le sorelle, il cane, il matrimonio, i figli. Donando tutto di sé stessa”, persino i suoi bambini.

Oltre al calo dai dati, ha dovuto vedersela con critiche molto più specifiche e ragionate, queste non cucite sul vestito a differenza di «hai le tette piccole»: la beneficenza performativa, il dibattito sul diritto alla privacy dei bambini usati come leve per l’engagement. Il monologo, una lettera a sé stessa bimba, è tremendo. “Ciao bimba, ho deciso di scriverti una lettera. Ogni volta che penso a te mi viene da piangere e non so bene neanche il perché, ma forse è perché mi manchi, forse perché vorrei poterti fare uscire fuori un po’ di più, farti vedere quella che oggi è la mia vita. Sai, la gente mi conosce e mi chiede selfie insieme. È una bella sensazione venire apprezzata da milioni di persone, poi sai, non piaccio proprio a tutti, ma piaccio a me stessa e questo è un ottimo inizio. ”

Pessimo, e non le vengono neppure le lacrime. «Sembra scritto da ChatGPT», è il commento più gentile che si legge su Twitter. Parole incerte che fanno pensare a a Tiziana Cantone (una donna trentatreenne che il 13 settembre 2016 si suicidò dopo la diffusione in rete di alcuni suoi video pornografici amatoriali) che si è impiccata con una sciarpa intorno al collo, perché non era un’influencer, e non aveva un team social, e nulla poteva salvarla contro il linciaggio online

Critiche anche alla sua capacità di lettura da prima elementare. I vestiti, che lei indossa al suo solito modo cioè facendo sembrare fast fashion made in Internet l’alta moda, sono certamente migliori del monologo. Quando compare sul palco con l’outfit, in contemporanea il suo team posta su Instagram le foto e una spiegazione sul perché di quell’outfit.

Sono i messaggi che tanto piacciono al signor Ferragni, alias Fedez (nella parte di Pinocchio in mano a Mangiafuoco per le finte provocazioni che lui non può fare). Pedagogia spicciola, inviti alla libertà del “fai i cazzi tuoi”, antiche polemiche di genere, femmina e non macchina riproduttiva, ect. “La madre guerriera”, il “Sentiti libera”, il “vestito senza vergogna”, “la Gabbia”, ciascuna con il team che fa lo spiegone Instagram. Due palle! Il femminismo è finito nel vicolo social di una Ferragni in declino?


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