Media, Arte, Cultura

Sorella beneficenza

di Luigi Maruzzi

Dopo che muore un benefattore, è lecito parlare della solidarietà silenziosa che non amava esibire pubblicamente. A molti di voi non dirà nulla il suo nome. Proprio per questo vorrei dedicare un post a Marisa Baldoni, una donna che ha rinunciato alle sue sicurezze per donarle a chi rischiava di perdere per sempre la speranza in una vita futura e la fiducia nel suo prossimo.

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Verso le sette vedrò finalmente un amico. Ma sento il bisogno di fare due passi prima dell'appuntamento. Così, per riuscire a fare entrambe le cose senza arrivare in ritardo, mi fermo con la macchina in zona.
A dire il vero, questo posto non sarebbe l'ideale per scacciare ansiose preoccupazioni dalla mente, ma ci sono tratti di strada alberati che invitano a sciogliere i nervi, non fanno pensare ai metri percorsi, ai battiti registrati dal mio congegno elettronico e al tempo che passa. Questo posto si presenta con un muro di cinta che protegge il più grande ospedale cittadino.
Non lontano da qui si trova l'ingresso per accedere ai locali dell'obitorio e, come per riflesso condizionato, riappaiono alla memoria immagini legate ad un fatto recente. Penso a Marisa, alla lotta che ha dovuto combattere prima di lasciare Milano, i suoi amici e soprattutto i suoi ragazzi. Fra loro c'è anche qualcuno che ha sbagliato, è stato recluso in carcere e – grazie a Marisa – ha imparato a migliorare il suo italiano: ormai era divenuta una sua urgenza pubblicare quel libro di poesie. Altri ragazzi non godono della stessa notorietà, ma la cosa più importante per Marisa è stata la possibilità di sorprenderli mentre ricevevano uno strumento musicale nuovo o di vederli gioire mentre tenevano stretto con entrambe le mani un panino farcito. Proprio come è successo ai “ragazzi di via Napoli” che la scorsa settimana hanno postato su facebook un messaggio di ringraziamento per un altro benefattore moderno, il Banco Alimentare di Foggia.
Io non so se Marisa avesse teorizzato una sua precisa idea di beneficenza. Quello che desumo dai suoi gesti è la presenza costante di un forte legame tra arte, cultura, spiritualità e senso umanitario. In altre parole, credo che avesse capito il segreto dei Re Magi.

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Con Marisa e altri due amici (sono loro che me l’hanno fatta conoscere) ho condiviso un viaggio a Roma. Era l'ultimo mese del Giubileo e insieme portammo in piazza San Pietro alcuni oggetti artistici fatti con l'argento dei poveri. Le fotografie del momento in cui Marisa si accorse di trovarsi di fronte a Papa Francesco sono solo una minuscola traccia dell'emozione che deve aver provato.
Poi, tornati a Milano, ognuno di noi riprese le sue abitudini. Lei, un'esistenza all'insegna del più autentico spirito francescano; io, la mia militanza burocratica nell' ammirata fondazione. Eppure, dopo quei pochi giorni passati insieme da “pellegrini per caso”, qualcosa non si è più interrotto, una luce che ancora oggi mi gonfia l'animo di segrete speranze e mi permette di parlare di lei come della mia amica Marisa.


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