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Stranieri e servizio civile: la sperimentazione della leva civica

di Claudio Di Blasi

Bene, sono partiti!

Mi riferisco ai 48 giovani della leva civica sperimentale, che lo scorso 31 ottobre hanno iniziato il loro anno di “leva civica regionale” in strutture gestite da Mosaico, insieme ad altri 150 colleghi sparsi per tutta la Lombardia.

E’ stata una faticaccia… ho contato otto passaggi burocratico amministrativi, di cui tre su altrettanti diversi portali informativi.. alla faccia della semplificazione burocratica nel mondo della formazione e del lavoro!

Finito il lavoro, è tempo di debriefing e di analisi…. la prima l’abbiamo condotta su chi ha partecipato al bando: chi era, quanti anni aveva, il titolo di studio.. insomma quei dati che ti permettono di fare una prima foto del folto gruppo degli aspiranti.

Per chi volesse approfondire la questione, trova tabelle e analisi qui .

In queste righe mi vorrei soffermare su una questione particolare, ovvero la partecipazione al bando dei giovani stranieri.

Il bando permetteva infatti la partecipazione a tutti i cittadini tra i 18 ed i 34 anni di età, indipendentemente dal fatto di essere o meno cittadini italiani… bastava essere in possesso del permesso di soggiorno.

Se si fa mente locale,  a tutti gli effetti abbiamo avuto una sperimentazione concreta di quello che chiedono numerose realtà ed associazioni: l’apertura del servizio civile agli stranieri, a parità di condizioni e senza la creazione di riserve di posti dedicate a chicchessia.

In Lombardia gli stranieri residenti nelle classi di età 18/34 anni sono poco meno del  19% della popolazione complessiva… ci si attendeva pertanto una richiesta di partecipazione al bando da parte degli stranieri in linea con questa percentuale: una domanda su cinque presentata da cittadini comunitari o extracomunitari.

Alla prova dei fatti, così non è stato: su 597 domande, solamente 31 risultano essere state presentate da stranieri, poco più del 5%.

Non credo sia il risultato di un “deficit informativo”: si è scelto il web come canale di pubblicizzazione, uno strumento in cui tutti i giovani, indipendentemente dalla nazionalità, se la cavano abbastanza bene.

Sono allora andato a fare quattro chiacchiere con chi ha effettuato sia l’accoglienza (si trattava di incontri informativi per chi ancora non aveva presentato l’istanza di partecipazione al bando) o la selezione, per cercare di comprendere le ragioni di questa scarsa partecipazione.

Qui usciamo dal campo della statistica, per  entrare in quello della osservazione sociologica.

Gli addetti alla selezione mi hanno infatti segnalato la presenza di due grandi categorie di giovani stranieri.

La prima era costituita da quelli che potremmo definire gli “integrati”: vivono in Italia da parecchi anni, dove hanno frequentato le scuole superiori se non l’università. In questo gruppo ciò che interessava non era tanto il coinvolgimento in un’esperienza di “cittadinanza attiva”, quanto il concreto ritorno economico dell’esperienza… e 300 € mensili non costituivano certo un richiamo allettante.

Sempre in questa categoria era poco sentita anche l’esigenza di formarsi ulteriormente, utilizzando la leva civica come strumento ad hoc. Quasi inutile dire che la stragrande maggioranza di questi giovani stranieri non ha nemmeno presentato istanza di partecipazione al bando.

Il secondo gruppo potrebbe essere definito con il termine di “marginali”: livello di istruzione basso o effettuato nel paese di origine, da poco in Italia, spesso spinti a presentare domanda di partecipazione da associazioni o realtà che operano nel campo dell’immigrazione.

Per loro la leva civica rappresentava la possibilità di “fare qualcosa” in attesa di occasioni migliori, anche in questo caso la motivazione del “aiutare la comunità” era assente, e solo in rari casi la proposta della leva civica era vista come momento di crescita formativa.

Che conclusioni trarre da tutto ciò?

Sicuramente si è trattato di un’esperienza parziale e l’analisi dei dati risente indubbiamente di ciò.

Ciò detto, non posso che consigliare prudenza a chi attualmente si confronta e scontra sul tema dell’ingresso degli immigrati  nel servizio civile.

Chi paventa una “invasione” del servizio civile, può rilassarsi: sono gli stessi giovani stranieri a non essere molto interessati a tale proposta.

Chi invece chiede l’apertura del servizio civile agli stranieri, consideri la possibilità di trovarsi tra le mani uno strumento di integrazione poco efficace: se chi presenta domanda di partecipazione è scarsamente integrato (anche solo per scarsa padronanza della lingua), avrà poche probabilità di prevalere nella competizione con i “colleghi indigeni”.

 

 


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