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Famiglia & Minori

Legami

di Benedetta Verrini

Nella sua storica rubrica su Oggi, Susanna Agnelli raccontò di una sua amica che aveva due figlie, una biologica e l’altra adottiva. A chi le domandava, tra il morboso e l’importuno, chi fosse l’una e chi l’altra, lei rispondeva serafica: “Non mi ricordo”.

A distanza di tanti anni, la riflessione sul rapporto tra legame di sangue e legame adottivo è più che mai attuale (lo ha dimostrato anche un recentissimo scambio di battute tra il presidente della regione Puglia Nichi Vendola e l’onorevole Ignazio La Russa, in un confronto sull’argomento. A Vendola che difendeva il fatto che i figli sono di chi li cresce, La Russa rispodeva con un esempio “sportivo”: “Mazzola è diventato un campione perché era fisicamente e non solo culturalmente un Mazzola”, ha dichiarato). Cosa dire? A Milano il Ciai ha organizzato una giornata di studio sull’argomento, coinvolgendo psicologi, sociologi e giuristi per guardare la faccenda da diverse prospettive.

Non ci avevo mai pensato, ma sui legami di sangue e sui figli somaticamente diversi c’è un catalogo di perle, anche solo linguistiche, senza fine: “Non è suo, è adottato”, “Sai chi sono i suoi veri genitori?”. E mentre gli adottati vengono ingiustamente trattati come se fossero “clandestini a bordo”, i figli naturali di coppie miste vengono presi per adottati (“Che carina, quanto ci hai messo per averla?”, chiedevano sistematicamente a una mia amica, sposata a un ragazzo senegalese, quando andava in giro con sua figlia nel passeggino). Dunque, forse la gente dovrebbe prima di tutto imparare a farsi i fatti suoi.

In seconda battuta, è evidente che la società italiana non sembra molto aperta al cambiamento. E sembra tenere in gran conto il legame biologico a dispetto di una, pur sbandierata, parità del legame relazionale. Ma come se la vivono loro, i ragazzi adottati?

Una risposta interessante, al convegno Ciai, l’ha data lo psicologo Marco Chistolini, che è un grande esperto della materia e che è consulente scientifico dello storico ente adottivo. “Non fate finta che il legame di sangue non esista. Non fate finta che non conti nulla”, ha detto. “Affrontatelo per superarlo. E’ come nella battaglia per i diritti femminili: non dovete negare le differenze, perché una famiglia adottiva è intrinsecamente diversa da una famiglia biologica, ma dovete combattere per vincere le disuguaglianze”.

L’esperto ha spiegato che è attraverso l’ “efficacia” che si valuta se una famiglia adottiva funziona: e davanti a questo criterio – che poi è quello del mestiere di madre e padre: quello del saper accogliere, comprendere, ascoltare, rassicurare, educare i figli – “le differenze tra genitori biologici e genitori naturali diventano minime”.

Dunque, caro onorevole La Russa. Si diventerà pure un Mazzola perché i geni ti hanno dato gambe buone. Ma forse anche perché qualcuno, per tutta l’infanzia, ti ha accompagnato al campetto di calcio tre volte alla settimana.


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