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Famiglia & Minori

Nè Mamma Oca nè Capitana Nemo

di Benedetta Verrini

Vado alla presentazione di un’indagine statistica sulle aspirazioni e i talenti delle madri lavoratrici. La ricerca è davvero ben fatta ma mi getta in uno stato di vaga disperazione.

Si stima infatti che la quasi totalità delle donne che hanno avuto un figlio vorrebbero dare una svolta alla propria vita professionale, reinventarsi, lavorare in proprio. Poche, pochissime però riescono a realizzare questo sogno, mentre tutte le altre annaspano in una giungla di lavori precari, welfare che non c’è, mobbing e delusioni varie.

Mentre scorro i dati, la presentazione procede e dai relatori ascolto manifestazioni di ottimismo che proprio, anche impegnandomi, non riesco a condividere. C’è questo messaggio quasi martellante della donna che può fare tutto, può essere ciò che vuole e blablabla.

Ma di quali madri stiamo parlando? Mi sembra che siamo in mezzo a una strana guerra ideologica. Una guerra che piace tanto a media, blog e giornali e che distorce completamente la realtà.

Da una parte c’è – per citare una famosa canzone di Vecchioni – la capitana Nemo.

La capitana Nemo è diventata mamma senza la minima ripercussione sulle sue scelte di carriera. Racconta di aver lavorato fino a poche ore dal parto, di aver continuato in teleconferenza durante l’allattamento, di aver mandato il neonato all’asilo nido privato a due mesi e mezzo (così poteva socializzare e imparare l’inglese). Non giudicatela. Ha lavorato duramente sui suoi sensi di colpa e ha risolto che la sua felicità professionale è la premessa di una buona e sana relazione madre-figlio.

Non vi ritrovate? Allora state attente, perché dall’altra parte c’è Mamma Oca.

Mamma Oca ha scelto di non lavorare. Ha scelto di dedicarsi totalmente alla cura del suo cucciolo, legge libri su libri di puericultura pedagogia psicologia evolutiva. Ha tanto da insegnare a tutte noi, dalla scelta del pannolino (lavabile, of course) al cotone organico al menu biologico. La casa è il suo regno fatato dove avvengono cose bellissime, si fanno giochi creativi con la pasta di sale, si sfornano dolcetti a tutte le ore.

Non vi sentite neanche Mamma Oca? Peccato, perché oggi come oggi, la percezione mediatica si limita a questi due santini.

Non importa se il 99% delle madri italiane è tutta un’altra cosa. Se vive in un mondo dove il lavoro non è semplicemente un’aspirazione felicemente realizzata, ma una necessità che schiaccia – purtroppo anche – il desiderio di stare un po’ di più con il proprio bambino.

Insomma, non è una faccenda di madri in carriera, anche se fa molto figo raccontarla così. La maggior parte delle donne vorrebbe semplicemente tenerselo, il lavoro. E poi schizzare al supermercato, ritirare i bambini da scuola e preparare la cena.

Perché non si parla mai di loro? Perché si deve scegliere tra Nemo e Oca quando davvero poche di noi possono/vogliono vestire quei panni?

La retorica di queste caricature è offensiva, di fronte a milioni di donne che lavorano e mandano avanti la famiglia a testa bassa.

La mamma “normale” è una che impreca, perché con i bambini non è sempre un bel film. Poi deve sbrigare le faccende domestiche, spesso cucina con i surgelati e mentre cambia i pannolini magari sogna di essere in ufficio. E nella parte di giornata in cui lavora, invece, deve stare attenta a non essere troppo etichettata, deve parlare poco dei suoi figli, deve evitare gli odiosi ostracismi sulle mansioni, sugli orari e le ferie.

Deve anche temere certe donne capo. Più matrigne che sorelle. Guardate le prime mosse di Marissa Mayer, Ceo di Yahoo. Era stata assunta pochi mesi fa mentre era incinta. Era l’icona perfetta per i giornali: la donna di successo che è anche mamma, la dimostrazione che si può conciliare tutto, basta volerlo.

Non so che tipo di mamma sia diventata, ma come capo Marissa ha subito azzerato tutti i contratti di telelavoro, mettendo la parola fine a una flessibilità che faceva parte del dna aziendale. Niente fiumi d’inchiostro per questa decisione. Con buona pace delle mamme e dei papà con un lavoro che – una volta tanto – sembrava fatto apposta per conciliare.


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