Cooperazione & Relazioni internazionali

Chi paga il calo della benzina?

di Sergio Marelli

La felicità di tornare a fare il pieno di benzina spendendo quanto dieci anni fa, si smorza contro lo scoglio del reperimento delle risorse per il finanziamento degli interventi umanitari e di soluzione dei conflitti, sempre più numerosi nel mondo, nonché per fronteggiare l’emergenza migrazioni.

A confermare questo scenario è lo stesso Segretario Generale ONU Ban Ki Moon che ha ricordato agli Stati membri come siano ben 40 su 193 i Paesi che stanno attraversando una crisi umanitaria. Una situazione che ha portato la quantità di fondi richiesta dalle Nazioni Unite  per fronteggiare queste emergenze a 20 Miliardi di dollari, cinque volte di più di quanto stimato necessario all’inizio del 2007.

Se il reperimento di denaro tra gli stati donatori per gli interventi umanitari è stato da sempre uno dei punti più critici, in questi ultimi mesi le difficoltà sono oltremodo incrementate. Questa volta non solo e non tanto per la proverbiale inadempienza di alcuni Governi, tra i quali, purtroppo, da vent’anni a questa parte anche quello italiano, in questi ultimi mesi a complicare la vicenda ci si è messo il drastico calo del prezzo del greggio. Con il costo al barile oscillante attorno ai 30 dollari, il più basso degli ultimi 13 anni, il Gruppo di Alto Livello sul finanziamento umanitario delle Nazioni Unite stima in un recente rapporto che nel 2016 ci sarà un deficit di 15 milioni di dollari per gli interventi di emergenza. Facile ipotizzare una flessione probabilmente più significativa anche per quanto riguarda gli stanziamenti per lo sviluppo e la cooperazione internazionale “ordinaria”.

A fronte di queste previsioni, il Gruppo ha avanzato alcune proposte volte a sovvertire questo probabile andamento tra le quali un monitoraggio più serrato sui fondi della Banca Mondiale affinché raggiungano effettivamente le persone indigenti, l’incremento delle percentuali di APS destinato ad emergenze e crisi umanitarie, la destinazione dei finanziamenti sociali dei Paesi islamici a cause umanitari e l’attivazione di un meccanismo di “tassazione di solidarietà” al quale i governi dovrebbero aderire su base volontaria.

Già sappiamo che chiedere al nostro Governo  di aderire a quest’ultima proposta dovrà fare i conti con il solito ritornello delle mille difficoltà nazionali che l’Italia deve affrontare in questi tempi di crisi. Altrettanto ci aspettiamo che chiedere generosità e in tempi grigi attirerà critiche o sbeffeggiamenti a seconda degli interlocutori. Tuttavia, qualcuno potrebbe ricordare a Renzi, Gentiloni e compagni l’enorme sproporzione ancora oggi registrabile tra il calo del prezzo del greggio sui mercati mondiali e quello dei carburanti alle pompe di benzina. Come noto, ciò è unicamente dovuto alla invariata quota delle accise che il Governo si intasca a prescindere dall’andamento del mercato che stanno procurando in queste settimane ingenti entrate inaspettate dalle quali si potrebbe attingere per essere una volta tanto tra i primi a dare un segnale di apertura e attenzione a ciò che accade fuori dal salotto buono nel quale, nonostante tutto, continuiamo a vivere.

 


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