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Diritto di cittadinanza

di Paola Crestani

Sono molte le associazioni, gli insegnanti, i cittadini che nell’ultimo periodo si stanno mobilitando per chiedere l’approvazione urgente del disegno di legge sulla modifica del diritto di cittadinanza che consentirebbe a bambini e ragazzi che vivono in Italia da tempo e si sentono a tutti gli effetti italiani di diventare cittadini del nostro Paese.

La ormai cinquantennale esperienza di inclusione ed integrazione di bambini provenienti da Paesi diversi maturata nell’ambito dell’adozione internazionale porta evidenze che l’approvazione della legge non solo è un dovere di civiltà ma è una decisione utile per tutta la nostra società.

Cosa prevede la legge sul diritto di cittadinanza. La legge approvata dalla Camera e in discussione al Senato NON prevede che un bambino che nasce in Italia possa avere la cittadinanza italiana, come alcuni erroneamente dicono.

Un bambino potrà diventare cittadino italiano secondo lo ius soli temperato oppure lo ius culturae.

Lo ius soli temperato prevede la cittadinanza per chi è nato in Italia da almeno un genitore con un permesso di soggiorno UE di lungo periodo cioè con un permesso di soggiorno valido da almeno cinque anni, un reddito non inferiore all’importo annuale dell’assegno sociale, la disponibilità di un alloggio considerato idoneo dalla legge e il superamento di un test di conoscenza della lingua italiana.

Secondo lo ius culturae può prendere la cittadinanza italiana un bambino nato in Italia o arrivato nel nostro Paese prima dei 12 anni che abbia frequentato regolarmente la scuola per almeno cinque anni o che abbia seguito percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali idonei a ottenere una qualifica professionale.

In entrambi i casi la cittadinanza non è automatica ma può essere ottenuta solo su richiesta di un genitore.

Questa legge quindi riguarda tutti quei bambini e ragazzi che vivono da tempo nel nostro Paese, frequentano la scuola assieme ai nostri figli, parlano correntemente la nostra lingua (se non anche i dialetti e lo slang tipico dei nostri ragazzi) e a volte non hanno mai visto il loro Paese d’origine.

L’esperienza dell’adozione internazionale: Non posso fare a meno di vedere nella situazione dei bambini e ragazzi che potrebbero godere del diritto di cittadinanza italiana secondo la legge in discussione tante analogie con quella dei ragazzi adottati da altri Paesi. Come loro si “sentono” italiani, pur avendo molti legami e a volte un altrettanto forte senso di appartenenza verso il Paese d’origine, come i ragazzi adottati hanno spesso caratteristiche somatiche che li differenziano dagli altri compagni italiani, pur condividendo con loro la quotidianità ed il percorso di formazione, le passioni, i modi di fare, il desiderio di costruirsi un futuro.

Dalle adozioni internazionali, che hanno ormai un’esperienza lunga e sempre più approfondita, abbiamo imparato che per rendere efficace e positiva l’inclusione di bambini e ragazzi, perché possano crescere sereni, diventare cittadini responsabili e contribuire positivamente alla vita della società in cui vivono è fondamentale il ruolo giocato dalla comunità in cui sono inseriti nella quale non solo devono sentirsi accolti ma devono godere a tutti gli effetti del diritto di farne parte.

L’importanza di sentirsi riconosciuti: dai nostri figli venuti da lontano abbiamo la conferma di quanto sia importante per i bambini ed i ragazzi sentirsi riconosciuti a tutti gli effetti come membri di una comunità, di un gruppo e di quanta frustrazione crea invece vedersi negata un’appartenenza che per loro, di fatto, esiste già.

Sappiamo quanto importante sia e sia stato per i nostri figli diventare ed essere a tutti gli effetti un cittadino italiano, quale senso di sicurezza e di appartenenza generi questa che, da chi non ne ha sperimentato sulla propria pelle la mancanza, sembra solo una formalità.

Molti di noi hanno sperimentato la forza che dà ai nostri figli il fatto di godere di tutti i diritti del loro gruppo di pari, di essere cittadino italiano. Un diritto che consente loro anche di avere un argomento in più per difendersi da attacchi razzisti che, ahimè, sono sempre più frequenti.

Non è il legame di sangue a creare appartenenza: Non c’è bisogno di spiegare perché, per chi si occupa di adozione internazionale, il diritto del sangue, lo ius sanguinis su cui l’attuale legge di cittadinanza è basata, non abbia alcun senso. Nessuno meglio di una famiglia adottiva potrà testimoniare che quello che crea appartenenza non è il legame biologico, di sangue, ma piuttosto le relazioni, la quotidianità, la condivisione, la cura. Le famiglie che accolgono come figlio un bambino nato in un altro Paese da anni sperimentano che è possibile creare appartenenza, inclusione al di là dei legami di sangue, che si può diventare a tutti gli effetti e profondamente parte di una comunità anche se si viene da lontano, se si parla una lingua diversa, se si crede in un altro Dio, se si hanno caratteristiche somatiche e colore della pelle differenti.

L’appartenenza genera responsabilità: un altro insegnamento che abbiamo appreso dallo straordinario laboratorio di inclusione che è l’adozione internazionale è che l’appartenenza genera stabilità, sicurezza e responsabilità verso il gruppo a cui si appartiene, che sia famiglia, scuola, comunità, Stato, e con la responsabilità il desiderio di contribuirne al miglioramento.

E’ quindi utile per tutti garantire la cittadinanza a bambini e ragazzi che hanno studiato, sono cresciuti e si sono formati in Italia, in modo che possano contribuire pienamente al miglioramento della società italiana in cui vivono secondo i loro talenti: nel lavoro, nello sport, nell’impegno sociale e in qualunque altro aspetto della vita. Noi italiani dovremmo essere orgogliosi del fatto che dei ragazzi scelgano di diventare cittadini del nostro Stato e contribuire così allo sviluppo (anche demografico) del nostro Paese quanto siamo dispiaciuti perché tanti dei cittadini italiani più giovani decidono di lasciare il nostro Paese e di mettere a frutto i propri talenti altrove.

I bambini sono il nostro futuro: non è solo uno slogan, è la verità sperimentata quotidianamente. Se vogliamo un futuro di crescita e sviluppo, di apertura e di prosperità, se vogliamo cittadini responsabili, dobbiamo mettere a frutto tutte le energie ed i talenti che facciamo crescere nel nostro Paese dando diritto di cittadinanza ai bambini e ragazzi che qui sono cresciuti, andati a scuola, formati.


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