Attivismo civico & Terzo settore

Quella lotta alla disuguaglianza (di potere) che unisce Papa Francesco e Obama

di Diego Galli

Barack Obama accogliendo Papa Francesco alla Casa bianca ha usato queste parole:

“Dai tempi in cui lavoravo nei quartieri poveri di Chicago, fino ai miei viaggi da Presidente, ho visto con i miei occhi il modo in cui, ogni giorno, comunità, preti, suore, laici cattolici sfamano gli affamati, curano i malati, danno riparo ai senza tetto, educano i nostri bambini e fortificano la fede che sostiene così tante persone”.
Il riferimento di Obama al suo impegno nei quartieri poveri di Chicago è doppiamente significativo. Perché chiama in causa la lotta alla povertà e alla diseguaglianza economica che unisce il Presidente americano all’attuale Pontefice. E perché fa riferimento al periodo della sua vita in cui Obama si è dedicato al community organizing, una tradizione di impegno sociale la cui origine è strettamente legata all’evoluzione della Chiesa cattolica negli Stati Uniti.

Tra il 1985 e il 1988 Obama lavora come community organizer a Chicago, un’esperienza che ha influenzato profondamente la sua formazione umana e politica, come racconta nella sua biografia “I sogni di mio padre”.

A conclusione di quell’esperienza pubblica un saggio intitolato “Perché organizzare?”, nel quale racconta del suo lavoro con “madri in assistenza sociale, postini, autisti degli autobus e insegnanti, ognuno dei quali ha una visione e memorie di quello che le comunità possono essere”, per poi dare questa risposta all’interrogativo del titolo:

“La risposta alla domanda originale – perché organizzare? – risiede in queste persone. Nell’aiutare un gruppo di casalinghe a sedere al tavolo del negoziato con il sindaco della terza città più grande degli Stati Uniti. In cambio, il community organizing insegna come nient’altro la bellezza e la forza delle persone comuni. E’ attraverso le loro storie che gli organizer possono dar forma a un senso di comunità non solo per gli altri, ma anche per se stessi”.
Nell’epoca in cui Obama lavora a Chicago il communty organizing è fortemente sostenuto e finanziato in tutti gli Stati Uniti dalla Catholic Campaign for Human Development, il più ambizioso progetto di lotta alla povertà della Chiesa cattolica americana. Si tratta di un fondo fortemente voluto dalla Conferenza dei vescovi cattolici americani, che lo istituirono nel 1969 con l’obiettivo esplicito di “organizzare gruppi di poveri bianchi e di minoranze etniche per sviluppare potere politico ed economico nelle loro comunità”.

Come ricostruisce Lawrence J. Engel sulla rivista Theological Studies, quel programma fu fortemente influenzato da Saul Alinksy, un giovane criminologo ebreo che negli anni ‘30 a Chicago aveva dato vita a un intervento sociale estremamente efficace, il community organizing appunto, nel terribile quartiere della lavorazione della carne in scatola. Al centro di questo approccio c’erano tre principi, ben sintetizzati da Obama nel suo saggio:

“1) i problemi che devono affrontare le comunità dei quartieri disagiati non sono una conseguenza della mancanza di soluzioni efficaci, ma della mancanza di potere per implementare queste soluzioni; 2) che l’unico modo per le comunità di costruire potere di lungo periodo è organizzando le persone e il denaro intorno a una visione comune; e 3) che un’organizzazione praticabile può essere conseguita se una leadership locale a base allargata – e non uno o due leader carismatici – può unire insieme i diversi interessi delle proprie organizzazioni locali”.
Fin da subito Saul Alinsky ottenne un sostegno determinante dalla Diocesi cattolica di Chicago. Come scrisse lui stesso nel 1941, “Due forze sociali di base… fanno da architrave… per determinare un cambiamento costruttivo nella vita del quartiere di Back of the yards. Queste due istituzioni sociali elementari sono primo, la Chiesa cattolica, secondo, il sindacato”.

Non a caso Saul Alinksy ebbe tra i suoi estimatori il filosofo cattolico Jacques Maritain, che lo definì uno dei «tre rivoluzionari degni di questo nome» di tutto l’occidente (vedi il carteggio pubblicato da Il MulinoMaritain e Alinsky: un’amicizia”), e negli anni in cui era ambasciatore presso la Santa Sede organizzò il viaggio di Alinsky in Italia facendolo incontrare a Milano con l’arcivescovo Montini, il futuro Papa Paolo VI, e con Papa Pio XII a Roma (vedi Alice Belotti, “La comunità democratica. Partecipazione, educazione e potere nel lavoro di comunità di Saul Alinsky e Angela Zucconi“, Fondazione Adriano Olivetti).

Quando ieri Papa Francesco, quindi, nel suo discorso al Congresso americano ha parlato di Dorothy Day, dal cui Catholic Worker Movement venne il successore di Alinsky alla guida dell’Industrial Areas Foundation, Edward Chambers, e si è riferito in questi termini al contributo dei cattolici, si può leggere in filigrana anche la tradizione, oggi più viva che mai, del community organizing:

“assieme ai loro concittadini, i cattolici americani sono impegnati a costruire una società che sia veramente tollerante ed inclusiva, a difendere i diritti degli individui e delle comunità, e a respingere qualsiasi forma di ingiusta discriminazione.”


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