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La docente che mette in scena Auschwitz e la Libia per i suoi alunni

di Alessandro Puglia

Educare vuole dire scegliere. La professoressa Maria Di Ciaula, 59 anni, docente di Lettere alla scuola secondaria di primo grado “Andrea Costa” – IC6 di Imola lo sa bene. In una sola giornata con due spettacoli il 24 gennaio, in occasione della settimana della memoria, è stata in grado di riempire il Teatro comunale Ebe Stignani di Imola, al mattino con 440 studenti del circondario imolese, alle 21 con 440 persone e buona parte della cittadinanza fuori dal teatro per effetto sold-out. In scena ha portato “Lettere di Camelia” ispirata alla storia di un ebreo di provincia, di sua moglie e dei suoi tre figli negli anni del fascismo e raccontata nel libro I vicini scomodi di Roberto Matatia. Ma c’è di più nella straordinaria opera educatrice della professoressa Di Ciaula. La storia di Nissim che al confine a Corfù, dopo aver perso parte della sua famiglia, cerca disperatamente Dio: “Dio, Dio, Dove sei” rimandandoci così versi di Segen: “Non ti allarmare fratello mio”. La storia della famiglia Matatia sterminata nel campo di concentramento di Aushwitz viene accostata in scena alle torture nel campo di prigionia di Ban Walidi in Libia. “Dio dove sei?” dice Nissim, “Dimmi non sono forse tuo fratello?” scrive Segen. Ecco che la memoria diventa presente.

«Quando entro in aula spiego ai miei ragazzi che la storia è fatta di ricorsi e che la memoria è quanto la storia ci insegna. Il mio lavoro di insegnante si deve piegare a quella che è la mia esigenza principale: educare. Ed educare vuol dire scegliere. Ho scelto la storia perché conoscendo la storia si impara a non sbagliare» spiega Di Ciaula che con 18 anni di esperienza teatrale ci spiega come il ricordo può diventare testimonianza viva, presente.

Di Ciaula specializzata in temi della memoria tra Gerusalemme e Parigi lavora tutti giorni per contrastare la dispersione scolastica, favorendo l’inclusione di minori stranieri all’interno della scuola, difende e divulga i temi della legalità, cittadinanza e memoria.

Sul finale di “Lettere di Camelia” fine gli ebrei Nissim e Camelia abbracciano Segen, il migrante di appena 30 chili morto dopo il suo sbarco a Pozzallo. Nel teatro di Imola il silenzio misto a commozione diventa sempre più assordante. La storia dovrebbe insegnare a non ripetere gli errori del passato.


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