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Solidarietà & Volontariato

Gli eroi invisibili

di Dino Barbarossa

Nei tempi di emergenza come questo, si evidenzia il ruolo di tante persone e organizzazioni che in prima linea si spendono per contrastare le minacce, ma nel silenzio ci sono altrettante persone che possono, a maggior titolo, essere considerate eroi del quotidiano, persone normali che mettono in gioco la loro vita e assumono un impegno verso altre persone per un senso del dovere e un amore per la vita che va oltre ogni possibile spiegazione razionale.

Li trovi lungo le strade, al fianco di chi non ha nulla e non conta nulla, a salvare una vita che nessuno vede e magari a tanti da fastidio. Una coperta, una parola, un po' di cibo, la proposta di un alloggio sicuro, di un cambio e di una doccia..

Trovo molto calzante il significato di “L’essenziale”, la canzone interpretata da Marco Mengoni, che inizia con la frase: “Sostengono gli eroi «se il gioco si fa duro, è da giocare!»” Gli Eroi, quelli che sono coraggiosi e speciali, quando la situazione si fa difficile si impegnano ancora di più e lottano.

Viviamo come sospesi un tempo in cui, nonostante la scarsità di valori preziosi, nascono in ogni parte del mondo e dietro qualunque angolo ed argomento nuovi uomini, valorosi e combattenti, nuovi paladini della giustizia, nuovi super-eroi

Gli eroi invisibili di cui voglio parlare sono coloro che chiamano operatori sociali, volontari e non, che ogni giorno escono di casa – spesso senza i dovuti presidi sanitari – per portare conforto a chi è più fragile e solo.

Sono coloro che – per citare ancora la canzone – “scambiano le offese con il bene”. Si, perché non solo sono dimenticati, ma spesso bistrattati e maltrattati, sono operatori e volontari che non ricevono in gratitudine o compenso ciò che è giusto e va dato tempestivamente.

Fanno parte di quell’universo del “Welfare” che è stato frantumato nel tempo, poggiato sulle fragili spalle dei Comuni e tenuto in piedi dall’universo del no profit, un universo che però non ha dietro una politica organica e di adeguato sostegno.

Adesso, proprio adesso che sarebbe servito un sistema di Welfare forte, si scopre che questo sistema non esiste: esistono tante buone volontà, esistono eccellenze di contesti lungimiranti, ma oggi l’ascolto e il sostegno di queste fragilità è marginale.

Persino il Decreto “Cura Italia”, che mette in campo corpose misure di sostegno alla crisi, dimentica questi eroi

dimentica che solo grazie a loro e ad un sistema di welfare forte e organizzato si può affrontare una crisi. Solo se si mettono in campo misure di sostegno alle organizzazioni in prima linea con le persone più fragili, si può evitare che tutti costoro si rivolgano al sistema sanitario per cure non indispensabili.

Di fronte a questa scarsa considerazione, non si sceglie di fare un passo indietro, ma nel silenzio, di fare ancora di più e ancora meglio, di non fare proclami e di dedicarsi ad un’altra persona, nel silenzio e nell’operosità che è tipica di chi ha scelto di dedicare tempo e risorse agli altri.

In un periodo come quello che stiamo attraversando tutti, in cui sono crollate tutte le sicurezze e ci stiamo progressivamente isolando e convincendo che il futuro non è nelle nostre mani, “mentre il mondo cade a pezzi”, questi “nuovi eroi” costruiscono nuovi percorsi vitali, “nuovi spazi e desideri” nuovi gesti di amore e condivisione (“che appartengono anche a te”) nei confronti delle persone che sono più in difficoltà.

Sia chiaro che, se mollano loro, collassa il sistema di aiuto rivolto a migliaia di persone e si aggrava irrimediabilmente la forbice economica e sociale nel nostro Paese.

È necessario e urgente– lo ha scritto proprio oggi Claudia Fiaschi, portavoce del Forum del Terzo Settore – distribuire i presìdi sanitari anche ai volontari e agli operatori impegnati nelle attività di assistenza alle persone che già si trovavano in una condizione di fragilità e marginalità: in questo periodo difficile, infatti, sono in larga parte le Associazioni, le Organizzazioni di Volontariato e le Cooperative Sociali a provvedere ai bisogni di anziani soli, persone con disabilità, minori in comunità e migranti, ma i loro sforzi rischiano di fermarsi perché non dispongono di presìdi sanitari di protezione, una carenza che sta esponendo sia i volontari che chi viene aiutato ad un rischio enorme di contagio.

Daniel Golemann, tra i fautori dell’intelligenza emotiva, ci ha fatto comprendere che l’intelligenza emotiva è un insieme “chiave”, che non si ottiene pagando qualcuno, ma che fa parte del corredo genetico e soprattutto familiare di ogni persona, senza necessariamente avere in mente ed aspirare a qualcosa, senza voler diventare una faccia da prima pagina. Chi possiede intelligenza emotiva non rimane certo in attesa di una ricompensa, né ama sopravalutare le proprie azioni, perché compie ogni cosa con estrema naturalezza, fermezza e anche successo.

E allora conviene dare le giuste proporzioni alle cose che accadono, non creare una solidarietà fittizia ed artificiale ma vivere e trasmettere una generosità vera, onesta. Ciascuno di noi, può e deve fare quello che è utile per migliorare la vita degli altri e non riempire di pomposità queste azioni.

C’è un modo, forse l’unico, per rallentare e possibilmente fermare il crollo del sistema economico e sociale che ha imperato in questi decenni ed è proprio la valorizzazione dei buoni sentimenti, della catena del bene e delle relazioni umane, ed in questa direzione l’azione di prossimità che gli operatori e i volontari del terzo settore sono capaci di mettere in campo è determinante.


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