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Cosa c’è da rubare a Librino

di Dino Barbarossa

Hanno suscitato sdegno le notizie di furti e danneggiamenti ad alcune esperienze sociali presenti a Librino. Ostacolare per espellere chi ha scelto di stare dentro una realtà complessa per essere utile ad un processo di cambiamento, non è affatto una bella cosa.

Tuttavia, mi sento di approfittare del fatto di cronaca, per richiamare l’attenzione sulla condizione di una grande “periferia esistenziale”, parte della città di Catania, in cui si muovono insieme legalità e illegalità, mafia e antimafia, opere faraoniche e grande degrado, ospedalità pubblica e disagio sanitario, strutture scolastiche di nuova generazione e povertà educativa, povertà e patronati a go go.

Tutto questo e tanto altro è Librino, un “non luogo” che ha catalizzato grandi investimenti e interessi quasi mai leciti, in cui ci sono insediamenti di edilizia residenziale e grattacieli di edilizia popolare, in cui non esistono strade, ma solo viali a due corsie, in cui non esistono parchi pubblici, ma solo sterpaglie, in cui sono poverissime le strutture sportive e culturali, in cui la strada è palestra di vita già dalla più tenera età, in cui le famiglie sono disgregate e prive spesso degli elementari rudimenti educativi.

È un tempo in cui si dice che le risorse vanno spese bene, dopo (o durante) la pandemia c’è una pioggia di denari mai vista prima e che dovrebbe essere orientata al benessere sociale ed economico, proprio a partire dai “non luoghi”, dalle “periferie esistenziali”.

Il problema è che di ciò che è stato pensato e sin qui fatto a Librino come altrove, molto poco ha contribuito a migliorare la qualità della vita delle persone che vi abitano.

Di fronte alla condizione di chi è in grado di progettare il suo futuro (pochi) e cerca in ogni modo di affrancarsi da Librino, c’è viceversa la condizione di chi questi progetti non è in grado o non ha la possibilità di farli (tanti) e continua a vivere (se questo è vivere) alla giornata, di espedienti, in case fatiscenti, in una condizione di abbrutimento sempre crescente.

A ciò va aggiunta la capacità persuasiva della criminalità organizzata, che assolda i bambini e ne gestisce presente e, soprattutto, futuro. E lo fa offrendo ampie garanzie di tutela, di affiliazione, di guadagno…tutto ciò che lo Stato non è riuscito a fare o non ha voluto fare.

C’è tanta brava gente a Librino e ci sono tante realtà sociali di aiuto, ma anche quando alzano la voce all’unisono, nella desolazione di Librino non si sentono e spesso la voce che si alza è isolata e più facilmente attaccabile.

Già, perché “l’odore dei soldi” ha fatto spesso pensare che qualcuno possa valere più di qualcun altro – sia nei soggetti pubblici che in quelli privati, laici o religiosi – si sono create divisioni e contrapposizioni, invidie e dileggiamenti…in fondo si sono utilizzati metodi speculari e congeniali rispetto a quelli utilizzati da chi ha messo un cappio al collo alla gente di Librino e ne può fare quello che vuole.

Per questo dico “cosa c’è ancora da rubare a Librino”, perché a Librino e nelle altre periferie esistenziali hanno già rubato tutto nel momento in cui hanno determinato il futuro delle persone che vi abitano e capita che chi sente di voler aiutare spesso divenga funzionale a questo schema e che in particolare la macchina pubblica manchi di una progettualità chiara e condivisa sul cambiamento che invoca e capita non di rado che metta in campo comportamenti che sostengono lo status quo

Sullo sfondo delle politiche pubbliche e filantropiche che riguardano Librino, ci sono le persone, la cui condizione di povertà sociale, economica, culturale può diventare funzionale a nuove ingenti risorse per un maquillage assolutamente estetico e privo di ogni elementare carattere di cambiamento.

E le persone che pensano (quando pensano) e vivono (quando non muoiono) alla giornata, possono continuare ad accontentarsi di sussidi e prebende, rimanendo ostaggi della loro condizione.

Allora occorre pensare ad un cambiamento che non si limiti a “rammendare” (parola di “renzopiano” memoria), ma che alimenti un processo a cui ciascuno e tutti devono dare un contributo.

Se posso dirlo con maggio forza e chiarezza, basta “progetti” per Librino, pensiamo ad infrastrutture sociali, educative, aggregative, culturali, sportive,…che si muovano all’unisono e cambino finalmente la storia di Librino.


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