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Cooperazione in Vaticano

di Giuseppe Frangi

Seguite questa successione rapida di date: 11 settembre Repubblica apre a piena pagina pubblicando la lettera del Papa a Scalfari, in risposta alle due lettere scritte dal fondatore di Repubblica durante l’estate. 20 settembre viene pubblicata l’intervista di Papa Francesco a Civiltà Cattolica. 24 settembre: Repubblica pubblica in anteprima la lettera che Benedetto XVI ha scritto a Piergiorgio Odifreddi, matematico dichiaratamente ateo, rispondendo al suo libro Caro Papa ti scrivo. 1 ottobre: Repubblica pubblica, sempre con apertura in prima a piena pagina, l’intervista di Eugenio Scalfari a Papa Francesco.

Cosa ci suggerisce questa sequenza di date? Alcune cose molto semplici e poco opinabili.

Punto primo: papa Francesco e Benedetto XVI hanno aperto in sincrono un dialogo con personaggi culturalmente “lontani”, senza formalismi e senza proccupazioni tattiche. Questo dialogo ha la forma chiara dell’incontro, tant’è vero che alla lettera il papa ha fatto seguire la telefonata per “incontrare” Scalfari.

Punto secondo: questi dialoghi aperti non hanno come fine il proselitismo (chiarissimo papa Francesco al proposito: «Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda»), ma neanche una convergenza sul piano dei valori. È un confronto di esperienze, di vissuti che con sincerità scoprono le loro carte. Quello che conta è la relazione che si instaura, perché quello è l’unico terreno nel quale possono accadere cose umanamente interessanti. La relazione muove le cose. Confessa Scalfari: «L’incontro Era stato preceduto da una telefonata che non dimenticherò finché avrò vita. Erano le due e mezza del pèomeriggio». Gli fa eco Odifreddi: «A me questa sorpresa e questa emozione sono capitate il 3 settembre quando il postino mi ha recapitato una busta sigillata, contentente 11 pagine protocollo dattate 30 agosto». La precisione nel ricordo di date e ore vale più di mille discorsi…

Punto terzo: c’è un aspetto straordinariamente moderno e sorprendente nella dinamica di quello che sta accadendo in Vaticano. Il Papa e il suo predecessore agiscono d’intesa, verrebbe da dire che cooperano. Benedetto XVI, liberato dal peso dell’azione, continua a sviluppare pensiero, Francesco incontra, facendosi forza anche di quel pensiero (nella lettera a Repubblica si avvertivano passaggi di qualità intellettuale ratzingeriana). È un modello di gestione che si regge su una trasparenza che non è vissuta solo come obbligo formale, ma come opportunità che spazza via ogni ambiguità dai messaggi lanciati e dai gesti fatti. Teniamo d’occhio a quel che sta accadendo in Vaticano. È qualcosa che può davvero mettere in movimento processi che nessuno aveva mai messo nel conto.


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