Media, Arte, Cultura

Il Natale secondo Fabio

di Giuseppe Frangi

Fabio Novembre è un designer di grande successo, molto estroverso e se vogliamo anche assolutamente ( e sanamente) modaiolo. È un uomo molto simpatico, estremamente alla mano che riversa il suo essere pugliese in ogni suo gesto. Ma si è anche milanesizzato, nei ritmi di lavoro e nella capacità di intercettare e cavalcare tutto il nuovo che “sfonda”. Novembre è anche un amico, con cui si scambiano sempre volentieri lunghe chiacchierate e da cui si ricavano sempre idee interessanti per il mio lavoro. L’altro giorno sulla pagina Facebook ha pubblicato questa bellissima riflessione sul Natale, perfetta per questo Natale. La faccio mia (e lo ringrazio). Mi è piaciuta l’idea che facendo presepi si possa diventare designer; passato e futuro che si toccano. Mani che fanno e che in realtà sono mani che amano e pensano.

A quelli che festeggiano il Natale in tutto il mondo mi piacerebbe chiedere se sanno di festeggiare semplicemente un compleanno: la nascita di un maschietto che avrebbero chiamato Gesù. Infatti nonostante tutte le influenze pagane dei vari Babbi Natale, persino la traduzione inglese Christmas (letteralmente: Messa di Cristo) non lascia spazio ad equivoci. Eppure la grande confusione generata da un mercato cui interessa semplicemente alzare il livello dei consumi, si riflette sulla scelta ormai casuale tra albero e presepe. Da piccolo io non ho mai avuto dubbi, anzi per essere preciso, nella mia famiglia ero l’incaricato alla costruzione del presepe e negli anni successivi mi sono poi reso conto che tutto il mio senso dello spazio si sarebbe sviluppato da quella prestigiosa incombenza casalinga. Trovarsi a calibrare pesi e profondità che distinguono un pastore adorante in primo piano dai Re Magi in lento costante avvicinamento al fulcro della natività è un esercizio di equilibrio spazio-temporale. Spazio e tempo, hic et nunc, la casa e il Natale. Niente è più legato alla domesticità del Natale: è il ritrovarsi degli affetti, è il nucleo familiare della natività, è l’intimità di una stalla che diventa casa. Persino il bue e l’asinello, animali quasi domestici, sembrano una soluzione moderna ed ecologica all’annoso problema del riscaldamento. E ogni dono portato dai pastori per celebrare la magia della nascita è un simbolo di quella condivisione che troppo spesso ignoriamo. In fondo i principi base del Natale sono semplicemente questi: celebrazione, semplicità, condivisione. Ma date queste premesse si impone un esame di coscienza per noi che ci apprestiamo a festeggiare questo duemilatredicesimo compleanno: cosa è il Natale oggi? Ad esempio è abbastanza oggettivo che nell’iconografia legata all’evento Santa Claus abbia stravinto sul bambinello e che un albero addobbato sia più semplice e d’impatto rispetto all’antico presepe. Persino la neve, sebbene c’entri poco con la cornice palestinese dell’evento originale, diventa un ingrediente quasi fondamentale per la creazione di questa finta atmosfera natalizia. E poi chiedere un regalo a un buffo vecchietto vestito di rosso sembra più naturale che pretenderlo da un bambino appena nato, ma è proprio su questa sfumatura che si gioca la coscienza del Natale. Un vecchio di età indefinita ma ancora abbastanza atletico da volare trainato da renne e infilarsi in stretti camini è un’ottimo alibi per restare tutti bambini e sentirci autorizzati a pretendere dal Natale, esattamente da Babbo Natale, il soddisfacimento dei propri desideri. Un bambino appena nato, invece, ci porta a fare i conti con l’esatto opposto: è quanto di più meritevole di cura e attenzioni da parte di tutti, è un monito a essere generosi. E poi approfondiamo i due simboli di albero e presepe. Ogni albero è un laboratorio per la produzione di ossigeno, e considerando che dopo aver reciso il cordone ombelicale che ci lega alla figura materna, la nuova relazione di interdipendenza che instauriamo con il pianeta si basa sulla respirazione, forse tagliare un albero per poi addobbarlo a festa, non mi sembra una bella immagine in cui riconoscersi. Ogni presepe, invece, è la rappresentazione della propria idea di famiglia: una famiglia allargata a pastori, animali, Re Magi, ma anche, come nella migliore tradizione napoletana, a personaggi del nostro tempo che ci piace immaginare coinvolti in questo rito annuale di celebrazione della vita che nasce. E se anche qualcuno vuole metterci due Giuseppe o due Maria ai lati del bambinello, va anche bene così, sono convinto che Papa Francesco con la sua bella modernità non se ne avrebbe a male. Conta solo l’amore, e si sa che in amore non ci sono regole. Buon compleanno Gesù, eterno bambino.

Fabio Novembre

 


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