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Media, Arte, Cultura

È il non profit, bellezza

di Giuseppe Frangi

A partire da sabato li vedremo esposti tutti insieme i 12 manifesti che alcuni tra i migliori nuovi illustratori italiani hanno realizzato per rappresentare Vita, in occasione dei suoi 20 anni. Li vederemo stampati su grandi dimensioni, in una piccola mostra dove verranno presentate anche le migliori copertine che hanno scandito questa recente stagione del giornale. Copertine stampate in grande e presentate con il rispettivo making off: cioè le prove e le tappe di avvicinamento alle versioni definitive.

Qual è la ragione di questo cambio di immagine nel modo con cui il giornale si presenta? È una strategia per avere più impatto? In parte sì, ovviamente. Ma come spesso accade quando le intuizioni sono buone una ragione di partenza ne innesca altre a cascata che non erano state messe in preventivo ma che alla fine si rivelano anche più interessanti di quella di partenza.

In questo caso il valore aggiunto scoperto lungo la strada è stato quello della relazione che si è sviluppata con il gruppo di illustratori – quasi una community – e dal loro coinvolgimento con i temi e il mondo che Vita racconta. Dovessi dare un nome a questo valore aggiunto, non avrei dubbi ad indicarlo. È creatività. Creatività non ad effetto, non fine a se stessa, ma incanalata verso un obiettivo: quello di cambiare un linguaggio, di adottare nuovi codici, di uscire da una comunicazione “cifrata” e di aprirsi per intercettare sensibilità nuove.

Il percorso è stato fruttuoso, non solo perché le soluzioni messe in atto, in particolare con le copertine, si sono rivelate sempre molto efficaci. Ma perché indica la neccessità che questa alleanza venga estesa. L’illustratore è un creativo “obbediente”: nel senso che agisce con la sua testa, ma sapendo che il suo compito è di esprimere l’input che gli è stato dato. Anzi di renderlo ancora più chiaro di come con le parole è stato espresso. L’intelligenza creativa dell’illustratore quindi è un’intelligenza che facendo leva sulla fantasia, aumenta l’efficacia e la chiarezza del messaggio. Ovviamente non abbiamo scoperto noi questa qualità propria degli illustratori: ma per un mondo abituato a comunicare un po’ per stereotipi (per quanto si tratti di strereotipi “buoni” e sempre corretti), questa contaminazione è un fattore vero di rinnovamento.

Ma non credo che sia presuntuoso pensare che un fattore di novità ci sia stato anche per gli illustratori stessi, che si sono trovati a essere non solo spettatori curiosi, ma parte stessa di un mondo di cui condividevano orizzonti, modi d’essere, valori. E c’è la sensazione che questo li abbia stimolati a essere ancora più creativi.

Nei giorni scorsi sono stato a San Benedetto del Tronto in occasione di un convegno organizzato dal Crea, il coordinamento delle comunità terapeutiche delle Marche. Ebbene, con grande sopresa, mi sono trovato davanti ad una comunicazione studiata con grande creatività ed efficacia, a partire dal bellissimo titolo dato alla gioranata: “Osserva, immagina, crea” (cove “crea” aveva evidentemente doppia valenza). Sono tre verbi concatenati, nel senso che il senso dell’uno non si completa senza il nesso con gli altri: l’osservazione chiama l’immaginazione per andare oltre la situazione che si è osservata con le sue inevitabili problematicità. E il creare è il mettere in opera ciò che si è immaginato. A completare la confezione del manifesto, chi l’ha pensato ha voluto rifarsi all’eleganza formale di un grande, profetico artista come Alighiero Boetti. Bravi, appassionati e preparati.


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