Media, Arte, Cultura

Zaha Hadid sulle montagne

di Giuseppe Frangi

La prima forma con cui Zaha Hadid mi aveva colpito è stata quella del trampolino di Innsbruck, appena passato il Brennero. Lo aveva costruito agli inizi del nuovo millennio, in sostituzione di un altro celebre trampolino usato per le Olimpiadi del 1976. È una capsula spaziale alzata in modo vertiginoso a 47 metri di altezza: si dice che da lassù la vista sia memorabile. Io l’ho però sempre visto da lontano, passando dall’autostrada, con quella forma avvolgente, come di un gigantesco serpente delle montagne. Storia vuole che uno degli ultimi progetti che l’architetta anglo iraqena (morta ieri a Miami a 65 anni) ha potuto vedere completati, sia sempre sulle montagne a poche chilometri da lì, ma stavolta in terra italiana. È l’ultimo dei Mountain Messner Museum, la serie di musei con cui il grande alpinista di tutti i tempi ha voluto tessere il suo inno alle montagne. Per l’ultimo, quello di Plan de Corones, a 2200 metri di altezza Messner si è affidato ad un’altra grande utopista come lui: Zhaha Hadid, appunto. «Le ho chiesto di mettere il museo sotto terra», aveva raccontato Messner stesso a Vita, nello scorso settembre. «E poi le ho chiesto di aprire finestre nelle quattro direzioni, in modo che il fuori entrasse dentro, dentro il cuore delle montagne». La struttura è infatti come una galleria che taglia la roccia, bucandola con i suoi ingressi, gli unici visibili dall’esterno, e che, come cannocchiali, aprono la vista su un ampio panorama che va dalle Alpi della Zillertal, all’Ortles fino alle Dolomiti. Percorsa una scalinata si scende nel ventre della roccia dove si sviluppano tre livelli espositivi dalle superfici curve, per una percezione dinamica degli spazi. Zaha Hadid aveva usato come sua consuetudine il cemento. Motivando così la scelta: «Il cemento rappresenta anche il materiale che meglio si relaziona con il tema “roccia”. Solido nella sensazione tattile e malleabile nella forma, l’intero progetto avvolto nel cemento riproduce l’aspetto esterno della montagna alpina, con i suoi massicci in pietra ed i suoi picchi rocciosi. Impiegare il cemento sia per i rivestimenti esterni che interni della struttura è stata una scelta ovvia visto che esso, accanto ad ottime proprietà come materiale, risponde anche al meglio al nostro desiderio di interpretazione assolutamente libera delle forme geometriche».

In fondo è sulla base di questa libertà che a Plan de Corones si è potuta attuare quella cordata a due tra Messner e Zaha Hadid. Una libertà più grande delle regole. Un’apologia imprevista e fuori da ogni copione, alla bellezza e allo spettacolo della montagna.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA