Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Gioco & sociale in Finlandia: un modello virtuoso?

di Marco Dotti

«Chiunque gioca, gioca anche per noi». La frase,  pronunciata da un’insegnante e mandata in onda durante un servizio di Ballarò, ha dato avvio a un interessante dibattito: quello finlandese è un modello virtuoso di regolamentazione e “ricaduta” positiva sul sociale del gioco d’azzardo? Le cose stanno davvero così?

La Finlandia è un paese che – nonostante  un Pil a crescita ridotta, un tasso di suicidi tra i più alti al mondo e l’alcolismo come dipendenza di massa prevalente – a Ballarò viene costantemente indicato come modello da seguire. Un paese-modello, insomma, che ai giornalisti di Ballarò sembra funzionare quando si parla di servizi pubblici e trasporti pubblici, salvo poi ignorare che in Europa proprio i trasporti pubblici finlandesi sono tra i più soggetti a disagi e scioperi del personale, gli ultimi verificatisi tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre.

Anche sul gioco d’azzardo e sulle sue ricadute “positive”, qualcosa non torna rispetto al servizio andato in onda nella puntata del 22 ottobre scorso (→ Ballarò Modello Finlandia).

Davvero esiste un nesso virtuoso tra azzardo e finanziamento dei servizi sociali e scolastici? O si tratta di un abbaglio, preso guardando più che la realtà, gli spot –  realizzati con grande perizia – dalla RAY, la società che detiene il monopolio nel paese? Su questa cosa occorre riflettere con attenzione, al di là delle semplificazioni e degli esotismi televisivi Non esiste un altrove del “gioco”, perfettamente regolato e perfettamente funzionale al sistema: ovunque il vincolo tra sociale e azzardo che, osservato da lontano, può apparire virtuoso, se osservato da vicino mostra non poche falle o incrinature. 

In Finlandia il gioco è appannaggio della RAY, un’associazione nata (e formalmente rimasta) “senza fine di lucro” con notevoli interessi nel mondo del sociale il cui nome completo, Raha-automaattiyhdistys, semplicemente significa: Associazione di slot machines. 

La “mission” della Ray, esposta a chiare lettere sul sito della società, deve aver tratto in inganno i giornalisti di Ballarò. Fermandosi a una prima lettura, infatti, la Ray parrebbe avere come scopo semplicemente quello di raccogliere tramite slot machine e giochi da casinò i soldi da impegnare nei campi di salute e welfare. Leggendo anche i caratteri in corpo 8 – e non solo quelli in corpo 12 – si nota che lo scopo è il medesimo che presiede ab origine tutte le lotterie o le società nate dopo una guerra (la Prima o la Seconda) per garantire fondi ai veterani e ai mutilati, ma nel corso del tempo trasformatesi in ben altro. Questo a dispetto della “mission” originaria.

Le slot machine della Ray sono presenti in 9 mila postazioni: ristoranti, bar, supermercati, stazioni di servizio, chioschi (in Finlandia non ci sono tabaccherie vere e proprie) e nel casinò di Helsinki, che dal 2010 è anche “on line”. Nel Casinò di Helsinki ci sono circa 300 slot machines che danno accesso al gioco da mezzogiorno alle 4 del mattino. Ma l’impatto diretto con la macchina si ha nei supermercati, dopo le casse si incontrano, infatti, le slot machines nelle quali molti finlandesi giocano il resto della spesa.

Tutto perfetto? Non proprio, perché una direttiva europea in tema di riciclaggio rischia di consegnare ai libri di storia questo (presunto) modello. Sul STT–HS (Suomen Tietotoimisto – Helsingin Sanomat) del 13 luglio scorso, Juha Metso scriveva:  «colui che gioca d’azzardo dovrebbe poter essere sempre identificabile mentre gioca ma tale riconoscimento risulterebbe  troppo costoso. Pertanto, proprio per motivi di convenienza, si porterebbero via le slot machine da negozi e stazioni di servizio, dislocandole solo nei casinò». Una scelta “tragica” che, per la Ray, comporterebbe comunque una perdita di 200 milioni di euro e un ammanco di 25 milioni di euro per le casse dell’Erario.

C’è però dell’altro. Più di un’inchiesta ha infatti mostrato crepe e distorsioni nel modello-Finlandia proposto dal servizio di Ballarò. Servizio che ha suscitato più di un’attenzione da parte degli operatori italiani (vedi qui).

Un esempio è la denuncia fatta già ne l 2011 da Ari Korvola sul canale TV1 (corrispondente, ironie du sort, proprio alla nostra Rai), dove si constatava che i 100 mila euro di aiuti dovuti all’associazione benefica Lahia ja Veikko Hurstry non fossero mai arrivati a destinazione. La punta di un iceberg che, di fatto, non ha ancora smesso di rivelare faglie profondissime. Talmente profonde da far chiedere agli stessi finlandesi se il “modello” non vada riformato nella sua totalità.

Ecco quanto constatava Ari Korvola (qui il testo finlandese):

«L’Associazione benefica Lahja ja Veikko Hurst ry per quest’anno ha richiesto 100 000 euro di aiuti alla Ray. L’intento era di accorciare sempre più la coda per il pane, sempre più lunga. L’aiuto sarebbe stato destinato “alla promozione della salute e del benessere sociale”, obbiettivi definiti come propri dalla stessa RAY. Nemmeno questa volta gli aiuti sono arrivati. La RAY guadagna  600 milioni di euro l’anno dagli spiccioli che i cittadini spingono nei giochi con la frutta e altre macchinette automatiche. Di questi, 200 milioni di euro appartengono alla RAY che li usa per far girare i propri affari. Nella manutenzione del sistema c’è anche una fitta attività di relazioni praticata dall’associazione monopolizzante, che ha tra i suoi scopi quello di mantenere, appunto, il suo monopolio. Ecco perché la società offre alle élite politiche e amministrative del paese luoghi di ritiro che vanno dal Golfo di Finlandia alle colline della Lapponia.  Ogni primavera, nel pieno della stagione sciistica hanno luogo “i seminari di aiuto” che raccolgono in Lapponia la crema delle associazioni socio-sanitarie, la direzione della RAY e i funzionari pubblici del settore. Dal punto di vista delle autorità di vigilanza della RAY la situazione è problematica. L’Associazione è controllata dal Ministero della Sanità sia da una sezione di polizia del Ministero degli Interni. Entrambe le direzioni sono dotazione di serie negli inviti della RAY. Quella da controllare, cioèla RAY, paga i trasferimenti in taxi, gli alloggi, cibi e bevande, perfino la sciolinatura degli sci e gli skipass.

RAY è uno degli ultimi avanzi della Finlandia di Uhro Kekkonen–  alcuni politici si spartiscono i posti di dirigenza dell’organizzazione, altri  che invece siedono nel consiglio di amministrazione finiscono per guadagnarsi viaggi a Las Vegas, praticano i manti nevosi della Lapponia o si godono gli spettacoli di artisti di livello internazionale all’Arena di Helsinki. L’andazzo avviene al riparo, coperto da segreto».

Un bel modello, non c’è che dire.  Che cosa ne concludeva Ari Korvola? Che «la RAY è un’associazione e non è vincolata al rispetto delle regole della legge pubblica. Non mostra scontrini né i verbali delle riunioni della direzione».  

Siamo dunque sicuri sia davvero questo il modello da proporre ai cittadini e ai decisori italiani? Non converrebbe iniziare a studiare davvero “la macchina”, anziché poggiare sforzi e riflessioni sull’esile divulgazione dei – sempre più provinciali – servizi “pubblici” della televisione italiana?


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA