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Bolzano è no slot, ma lo Stato tace (e tassa)

di Marco Dotti

Settanta bar contro cinquanta. A un anno dall’iniziativa con cui il Comune di Bolzano ha dato seguito alla legge (e agli inviti dell’amministrazione →qui) provinciale che impone la rimozione delle slot machine da bar e luoghi sensibili sono ancora cinquanta i locali trasgressori del divieto che insistono e preferiscono opporsi o addirittura pagare le sanzioni che vanno da 190 a 1.300 euro, piuttosto che togliere da ora le famigerate macchinette. Il pronunciamento del Tar, l’estate scorsa, aveva considerato prevalente, rispetto a quello economico dei singoli, l’interesse della collettività relativamente a un problema – l’azzardo – che produce danni talvolta irreparabili. Il comune aveva rincarato la dose, ribadendo l’incompatibilità fra presenza di slot machine e attività di pubblico esercizio. In sostanza: o rimuovi le slot machine o l’attività commerciale viene sospesa.Un aut aut drastico, ma – come confermato dal Tar – necessario-

Martin Schwienbacher, vicecomandante della task force anti-slot della polizia locale, dichiara:«Abbiamo rimosso le slot in 70 esercizi pubblici bolzanini. E il lavoro che ci sta dietro è enorme. La vicenda sta andando forse un po’ per le lunghe posso dire che dobbiamo fare necessariamente i conti con i tempi tecnici. Dopo la notifica dei provvedimenti, con l’istruttoria da parte dell’ufficio attività economiche, gli esercenti hanno tempo 30 giorni per fare opposizione». I provvedimenti sanzionatori sono circa quattro a settimana Schwienbacher afferma che entro marzo tutte le slot machine saranno rimosse.

Con un problema: i tabaccai, zona franca perché sottoposta a regolamentazione dei Monopoli di Stato. «In questo caso – rimarca Schwienbacher – la competenza è statale, non possiamo farci nulla. Si tratta comunque di una decina di casi in tutto». Fossero pure uno o due i  casi, resta il problema di un’amministrazione statale che, quando è messa con le spalle al muro e si trova a scegliere, opta per la tutela di un business da cui, però, sembra non trarre più nemmeno i guadagni sperati.  

Sta succedendo anche in queste ore in Senato. Alla richiesta dei senatori del M5S di bloccare la mini-Imu nata dal “pasticciaccio brutto” sul maxi-condono ai concessionari dell’azzardo (pasticcio firmato Stefano Fassina, tanto per ricordalo, ne avevo scritto → qui), tassando gli stessi concessionari, il governo risponde picche, “non si può”.  

L’unico impossibile che il governo del fare e del possibile conosce è quello dell’azzardo. Ogni volta minimamente si sfiori l’interessa delle società del gambling di massa, le motivazioni fioriscono e le buone intenzioni, altrettanto rapidamente, avvizziscono. 

«La mini Imu è una necessità dovuta a motivi equitativi data la natura autonoma dei Comuni nella fissazione delle aliquote», ha commentato in un gergo ostrogoto il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. «Quella della revisione della tassazione immobiliare sul gioco di azzardo è una battaglia che abbiamo fatto sempre, che ho fatto anche come presidente dell’Anci, e non posso non essere d’accordo. Ma – ha osservato il ministro per gli Affari Regionali Graziano del Rio – non è applicabile. Dall’Economia mi hanno confermato che non riusciamo ad applicare sulla mini Imu questa revisione che è contabilizzata nel 2013».  

Insomma, siamo sempre al punto di prima: l’azzardo non si tocca. È Ragion di Stato.


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